Pioneer verso lo spezzatino Ma Natixis è in pole position

Nelle prossime settimane potrebbe concretizzarsi la cessione di Pioneer Investments da parte di Unicredit. «Il buon numero di manifestazioni di interesse» preannunciato dall’amministratore delegato Alessandro Profumo trova conferme nelle speculazioni rilanciate ieri dal sito internet americano Investment News che aggiunge alla lista dei pretendenti una serie di società di investimento statunitensi interessate a uno spezzatino del gruppo per rilevarne il solo blocco di attività d’oltreoceano. Proprio da Boston, dove Pioneer è stato fondata nel lontano 1928, sarebbero infatti partite le manifestazioni di interesse di tre compagnie rivali di media grandezza come Eton Vance, Mfs Investments e John Hancok Funds e di fondi di private equity come Ta Associates e Hellman&Friedman (già in trattative per Fideuram), che punterebbero ai 56 miliardi di dollari di masse gestite nel Paese. Gli analisti vedono nello spezzatino delle attività una valorizzazione maggiore delle singole branchie, vista la possibilità per i potenziali acquirenti di vendere liberamente i 180 fondi di Pioneer. Da maggio i consulenti di Unicredit nell’operazione, Bofa-Merril Lynch, hanno ricevuto il mandato di valorizzare al meglio la controllata. Una prima ipotesi puntava a una cessione unitaria del gruppo mantenendo però una quota minoritaria. Le valutazioni degli analisti si aggirano, per la totalità della struttura e dei suoi 230 miliardi gestiti, intorno ai 3-3,5 miliardi. Le trattative a riguardo coinvolgerebbero secondo la stampa francese Natixis, Bnp Paribas, e Amundi (joint venture tra Credit Agricole e Soc Gen). Di questo terzetto solamente la prima, per bocca dell’ad Laurent Mignon ha apertamente dichiarato interesse per la società.
Da Londra fonti finanziarie danno proprio l’istituto nato nel 2006 dalla fusione delle attività del Banque Populaire e la Caisse D’Epargne in pole position per chiudere l’operazione. Le trattative sarebbero oramai in fase conclusiva. Da Piazza Cordusio le note ufficiali si limitano però a rilevare che «non è stata presa ancora nessuna decisione» e che il dossier entrerà nel vivo a settembre.
Il prossimo mese si preannuncia molto caldo per la banca milanese anche per le speculazioni sul riassetto dell’azionariato. Stando alle ultime indiscrezioni il fondo sovrano di Singapore sarebbe pronto ad allungare le fila degli azionisti esteri, così come Tripoli che potrebbe salire dal 7 al 10%. Il possibile ulteriore incremento di «peso» dei soci stranieri nel capitale di Unicredit preoccupa da tempo la Lega e alcuni ambienti politici veronesi.

Il parlamentare della Lega, Maurizio Fugatti, ha confermato all’agenzia Bloomberg che il partito sta valutando di chiedere, tramite l’azionista Cariverona, un esposto ufficiale alla Consob affinchè congeli il diritto di voto dei libici al 5 per cento

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