È un pirata della strada? Deve stare ai domiciliari

Ma la difesa è contro i giudici. Il legale: «Non esiste rischio recidiva per un omicidio colposo»

Accusato di omicidio colposo deve restare agli arresti domiciliari in attesa del processo perché «potrebbe reiterare il reato». Protagonista della vicenda G. D. L., un 24enne milanese che la notte di capodanno investì mortalmente un uomo di 43 anni che stava spingendo la sua vettura rimasta in panne in viale Monza.
Erano le tre del mattino quando G. D. L., nell’atto di affiancare la vettura che lo precedeva, si trovò di fronte il malcapitato che tentava di spostare dal lato guidatore la sua macchina. L’impatto fu inevitabile e provocò la morte sul colpo della vittima. A questo punto il giovane, in preda dal panico, fuggì, ma dovette fermarsi per scambiare le generalità con la conducente di un’altra vettura coinvolta nell’incidente che però non si era accorta dell’incidente. Il ragazzo rilasciò false generalità, ma la testimonianza della donna fu ugualmente sufficiente al suo arresto.
Il gip applicò su richiesta del pm Francesca Celle la custodia cautelare agli arresti domiciliari, giustificati con il pericolo di «reiterazione di reati della stessa specie di quello commesso». Arresti confermati in questi giorni dal tribunale del riesame. Secondo il tribunale il giovane deve restare agli arresti perché pur trattandosi di evento colposo le circostanze «consentono di ravvisare il pericolo di recidiva».
Il difensore Marco Rosafio, che ha impugnato l’ordinanza, contrattacca: «È assurdo pensare che il mio assistito possa ripetere un omicidio involontario. La sensazione è che si voglia semplicemente fargli pagare in via preventiva una pena che in seguito mai verrà applicata in misura tale da privarlo della libertà».
G. D. L., infatti, all’atto della confessione, chiese perdono ai familiari della vittima assicurando che avrebbe fatto di tutto per consentire il massimo risarcimento del danno, addossandosi totalmente la colpa del sinistro.

Ricorrendo al patteggiamento, spiega la difesa, la pena arriverebbe al massimo a un anno con il beneficio della sospensione condizionale. «Ora, in base alla legge - protesta Rosafio - non può essere disposta la custodia cautelare se il giudice ritiene che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale».

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