Pisa, ora il sindaco sceriffo obbliga a comprare i lumini

MilanoUn suo compagno di partito, Arturo Scotto, perfido come si conviene a chi ha condiviso pane e ideali, lo ribattezzò l’anno scorso «Filipescu, l’ex giovane». Anagraficamente ancora fresco, perché nato nel 1960, ma in realtà solo un uomo d’apparato, ingrigito come la burocrazia di scuola sovietica o romena. Di questi tempi però Marco Filippeschi, sindaco di Pisa, più che ai Breznev o ai Ceausescu sembra guardare al Cofferati che lucida la stella da sceriffo e s’identifica con Tex. Filippeschi, primo cittadino da un anno, l’ha scavalcato da destra, ma così a destra che probabilmente anche il veronese Tosi, leghista, e il trevigiano Gentilini, l’ultraleghista che brevettò le panchine antiimmigrati, prenderanno appunti. Stasera, festa di San Ranieri, il patrono amatissimo nella città della Torre, Filippeschi ha imposto lumini a regola d’arte accesi su tutti i palazzi che si specchiano nell’Arno. Chi sgarra pagherà una multa variabile da 200 a 500 euro. E l’anno prossimo, andrà ancora peggio: lumini e biancherie, ovvero le sagome di legno in cui si collocano i piccoli ceri, dovranno essere obbligatoriamente predisposti dai residenti. Chi non obbedirà, va da sé, sarà punito con un’adeguata sanzione.
Altro che sindaco col fischietto. Qui siamo al sindaco santino, ad una variazione, quasi comica, della sharia. A Pisa è un falò di polemiche, minacce di ricorsi al difensore civico e quant’altro può covare sotto le braci del pettegolezzo cittadino. A Palazzo Gambacorti, sede del municipio, ribattono che quel 5 per cento di palazzi bui rovina l’incanto e la magia di una festa suggestiva, religiosa e laica, carica di oltre trecento anni di storia, attesa da tutti ma proprio tutti i pisani per 365 giorni.
Il sindaco, intanto, va avanti per la sua strada, un’ordinanza dopo l’altra, un provvedimento in coda al precedente. Qualche mese fa guadagnò i titoli dei giornali con una norma che impediva agli ambulanti abusivi di esporre le loro mercanzie contraffatte in piazza dei Miracoli, sotto la Torre. E autorizzava vigili, polizia e carabinieri a frugare dentro i borsoni che i senegalesi portano in spalla. Gad Lerner e lo storico Adriano Prosperi protestarono, gli africani organizzarono marce e scandirono slogan, come: «O il borsone o la vita. No ai sindaci sceriffo». Ma Filippeschi non ha cambiato idea e i senegalesi sono spariti.
Così come sono tornati in Romania un pugno di Rom. La città, che conta novantamila abitanti, si è data un tetto di 580 Rom e sta facendo di tutto per scendere alla quota prevista. Per questo ha concesso incentivi a chi prende la strada di casa. «Con un contributo di 21.500 euro, 511,90 a persona - ha spiegato il sindaco al Giornale - abbiamo convinto 42 Rom a rientrare in Romania. Serve un alleggerimento». E l’alleggerimento è in corso. Appena una famiglia Rom toglie le tende, gli operai del Comune fanno terra bruciata col piccone.
Ancora una volta i sindaci leghisti potrebbero venire a lezione. Dove semmai, Filipescu si è tradito è nella guerra alla Coca Cola. Rilanciata in tv con uno spot che ha per protagonista una bambina che abita a Pisa: Giulia. Giulia preferisce «le vacanze dalla nonna invece che in un resort, la pizza al sushi e il ragù della mamma invece che una cena di gala». Filippeschi dev’essersi ricordato di quando era giovane sul serio ed si è lanciato a testa bassa contro l’imperialismo formato lattina: «Quello che trovo insopportabile è che si mistifichi. Si attribuiscono ad un prodotto valori che sono contrari a quelli che ha in realtà». Addirittura. Giulia che forse sognava la cittadinanza onoraria dev’essere scappata.
Così, fra rigurgiti rossi e virate teocratiche, Pisa è davvero un laboratorio di cosa oggi è, o forse non è più, la sinistra. Una sinistra che clona la destra. Che fa la guerra ai clandestini, che fa bye bye ai rom, che ordina ai baristi di trasformarsi in spazzini e ora comanda anche la più romantica delle preghiere, con la candela, a San Ranieri.
I difensori del sindaco fanno spallucce alle critiche: la città era invasa dai Rom, dai clandestini che azzoppavano i traffici dei commercianti regolari e via elencando le ferite di una città cartolina.
«È un politico tattico, di corto respiro», dicono i suoi nemici. Uno che ha fatto tutta la carriera dentro le mura un tempo solidissime del partito, fino a diventare deputato e segretario regionale dei Ds. Poi, nel 2008, è stato paracadutato in città. All’assessore Giuseppe Sardu che invocava le primarie, il partito ha risposto con una mossa, quella sì, di stampo brezneviano: il sindaco Paolo Fontanelli è andato a fare il deputato, il deputato Marco Filippeschi è andato a fare il sindaco. Così, pur di non accontentare la base, sono saltate le primarie in tutta la Toscana. Risultato: a Massa ha vinto il candidato sostenuto dall’ultrasinistra, Viareggio è slittata al centrodestra.

E Pisa? Qui il Pd tiene, ma gli scricchiolii ora li sentono tutti: in un anno, quello che va dalle politiche alle europee, il Pd ha perso in termini assoluti 7.500 voti, il 28 per cento del proprio bacino. E 11.500 pisani, un elettore su cinque, non sono andati alle urne. Al prossimo giro, converrà accendere i lumini davanti ai seggi.

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