Non solo sbaglia l’assessore Franco D’Alfonso a prendersela coi partiti, chiamandoli «zavorre» o «simulacri». Sbaglia anche il suo Pd quando cede alle sirene degli anti-partiti. Ne è un esempio la candidatura di Stefano Boeri. La capogruppo del Pd, Carmela Rozza, si fa vanto di non aver mai demonizzato il centrodestra, quindi a buon titolo può smascherare le ipocrisie di coloro che, nel suo stesso schieramento «scimmiottano» gli avversari, e intanto magari - ma questo lo diciamo noi - si propongono come «moralmente superiori».
Le parole di D’Alfonso riportate dal «Giornale» non l’hanno sorpresa?
«No, ma il suo discorso sui partiti-zavorre è debole e sbagliato. Debole perché non tiene conto del ruolo dei partiti previsto anche dalla Costituzione. Sbagliato perché non porta a niente, se non alla formazione di un nuovo partito. Comunque non mi preoccupa».
Non temete la concorrenza?
«Il movimento arancione (la liste civica pro Pisapia, ndr) non ha fatto danni al Pd. Ne ha fatti invece all’Italia dei Valori, a Sinistra e Libertà, e alla Federazione della sinistra. Chi ci può asciugare in termini elettorali oggi sta al centro. Chi a sinistra tenta di mettere fra parentesi il Pd non ha capito la attuale fase politica».
Ce la spieghi.
«La gente premierà chi salva l’Italia. Se il Pdl fa il paladino di Monti rischia di vincere un’altra volta le elezioni, e il Pd di pagare quella parte di partito sensibile non dico alla Cgil ma alla Fiom e a certi mal di pancia».
Quindi lei guarda al centro più che a sinistra? D’altra parte con Tabacci siete già a buon punto, no?
«Noi dobbiamo spalancare le porte al centro. Sosteniamo lo stesso governo e prima siamo stati all’opposizione insieme. Sta lì chi ci può rosicchiare elettoralmente, non a sinistra».
Ma dentro la giunta non si è prodotto quel conflitto fra partiti e movimento civico di cui parla D’Alfonso?
«Non mi sembra. La giunta poi non è un organo elettivo, gli assessori li ha scelti il sindaco e con loro ha un rapporto fiduciario. È il Consiglio che ha un ruolo fondamentale».
E lì il rapporto fra i partiti e il sindaco come lo valuta? Pisapia non ha forse snobbato i partiti finora (a partire magari dallo stesso partito del sindaco)?
«Devo direi che il sindaco non ha un atteggiamento di sufficienza verso i gruppi. Anzi, è più facile avere un rapporto con lui...».
...Che con certi assessori...
«Esatto. C’è grande attenzione del sindaco verso i partiti».
Però è stata fatta molta retorica su queste elezioni, sui movimenti, sulla partecipazione, sui giovani. D’Alfonso poi parla di un’operazione-Pisapia che è nata a tavolino «contro i partiti». Lei come l’ha vissuta?
«Io ho vissuto una sfida fra due candidati, sostenuti da due coalizioni formate da partiti. Chi vince a Milano vince perché sa offrire una suggestione sul futuro della città e coinvolgere i cittadini, al di là delle generazioni».
Questo forse alla fine. Ma il Pd alle primarie, candidando l’architetto Stefano Boeri, non ha fatto una scelta diversa rispetto a questa centralità dei partiti che lei rivendica?
«Quella scelta, infatti, secondo me è figlia di quella malattia dell’anti-partitismo di cui parlavamo prima. Si è puntato su un candidato civico ma senza andare fino in fondo, cercando poi di dargli una veste politica. E la confusione in politica si paga».
Una scelta ambigua insomma? Poi però il Pd l’ha portata fino in fondo schierando Boeri come capolista.
«Sì, ambigua. E poi sì, siamo rimasti fino a metà del guado. Ma non era un’operazione a tavolino».
E non c’era un nome più politico da spendere?
«Certo che c’era. Ce n’era più d’uno. Ovviamente non ha alcun senso farlo ora, ma il nome si poteva trovare. Si poteva trovare una soluzione stile-Torino».
E invece vi trovate con Pisapia sindaco, e con un suo uomo che vi snobba pubblicamente in quel modo...
«Di Pisapia, col senno di poi, sono contentissima. Il discorso di D’Alfonso invece non aiuta un lavoro comune. E alla fine produrrà solo un altro partito».
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