Pisapia e Ghedini, i gemelli del foro

Peccato il sodalizio si sia rotto, perché Ghedini, Pdl, Calvi, Pd e Pisapia, Rc, avrebbero potuto diventare i «Vavà, Didì e Pelè» della giustizia. I tre fuoriclasse erano stati schierati, ovviamente in difesa, in un processo intentato ai vertici del gruppo Marzotto per una vicenda di inquinamento. Poi a novembre, ottenuto la candidatura, l’avvocato s’è sfilato. «La corsa a sindaco di Milano è un incarico troppo gravoso per prenderne altri» fa sapere attraverso il suo portavoce.
La storia inizia nel 1989 quando il gruppo tessile guidato da Pietro Marzotto, acquistò dalla Lanerossi la Marlane di Praia Mara, in provincia di Cosenza, specializzata in tinture industriali. Con procedimenti nocivi che avrebbero fatto morire di cancro 40 operai e ammalare altri 60. Non solo, ma le scorie industriali sarebbero state smaltite abusivamente. La vicenda finì alla Procura di Paola che a novembre 2010 ottenne il rinvio a giudizio per 13 indagati, tra cui lo stesso Marzotto, per omicidio colposo plurimo, lesioni colpose e disastro ambientale.
Il collegio difensivo era inizialmente composto da Niccolò Ghedini, deputato del Popolo delle libertà, Guido Calvi, senatore del Partito Democratico, e appunto Giuliano Pisapia, ex parlamentare nonché esponente di spicco del Partito della Rifondazione comunista. Una presenza che aveva fatto gridare allo scandalo molti «compagni». I suoi blog furono riempiti di parole gonfie di indignazione, ma lo «scandalo» non conquistò mai le cronache nazionali. Quelle locali si, in particolare a Valdagno, sede storica della Marzotto. In molte infuocate assemblee, venne più volte ricordato questa imbarazzante presenza nel collegio difensivo. A fianco di Ghedini poi! Tanto che a gran voce Giorgio Langella, segretario della Partito dei comunisti italiani - Federazione della Sinistra di Vicenza chiese chiarimenti.
Soprattutto perché nel frattempo Giuliano Pisapia aveva vinto le primarie di Milano, che gli avevano spalancato le porte per la corsa alla poltrona di sindaco. Si sparse inizialmente la voce di un comodo escamotage: l’avvocato Giuliano personalmente rinunciava alla difesa, lasciando l’incarico al suo studio. Una decisione bollata come ipocrita. Ci voleva uno scatto di orgoglio in più. Così il 22 novembre, una settimana dopo la vittoria alle primarie milanesi, arrivò a Valdagno una dichiarazione ufficiale che poneva fine al tormentone: «Né l’avvocato Pisapia né altri del suo studio sono difensori di uno o più imputati del processo Marlane». E il caso finì in archivio. Anche se non sarebbe stata il suo primo incarico imbarazzante: negli anni ’80 difese Robert Venetucci, accusato insieme a Michele Sindona di essere il mandante dell’omicidio di Giorgio Ambrosoli, mentre negli anni Novanta patrocinò Arnaldo Forlani giudicato per la maxi-tangente Enimont. Entrambi poi condannati.


«Pisapia dopo la vittoria alle primarie, completamente assorbito dalla campagna elettorale, ha ritenuto di non poter assumere incarichi. Così ha rinunciato a questo come del resto a tutti gli altri sopravvenuti in seguito» spiega Maurizio Baruffi, portavoce del candidato sindaco ieri a casa malato.

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