Il pm chiamava le hot line col cellulare di servizio

Una pm che chiama per 65 volte una hot line 899 col telefono della procura, bollette stratosferiche, telefonate nel cuore della notte a un giudice. E ancora: pressioni da alcuni ufficiali dell’Arma dei carabinieri sui propri sottoposti per modificare alcune dichiarazioni rese ai magistrati e ostacolare così le indagini.
Si arricchisce così di nuovi particolari l’inchiesta «Toghe lucane», l’ultima condotta dal pm di Catanzaro Luigi de Magistris. Le indagini si sono chiuse nei giorni scorsi con 33 indagati in Basilicata tra giudici, ufficiali dell’Arma, manager e politici, considerati un «sodalizio», vero e proprio punto di riferimento di politici, anche di opposto schieramento, amministratori pubblici, avvocati, imprenditori e faccendieri.
Ma dalle carte depositate dal magistrato campano, vicino al trasferimento al Tribunale di Napoli con funzione giudicante dopo il polverone dell’inchiesta calabrese «Why Not» (che coinvolse l’allora premier Romano Prodi e l’ex Guardasigilli Clemente Mastella), emergono scenari inediti.
Secondo i risultati dell’inchiesta di de Magistris, il sostituto procuratore della Repubblica di Potenza, Claudia De Luca, avrebbe effettuato con il cellulare di turno 65 telefonate, nel periodo tra maggio e ottobre del 2003, al numero telefonico 899 a pagamento. Alcune chiamate, per importi considerevoli, risultano eseguite nel corso del turno di un altro magistrato della Dda di Potenza, che era subentrato al turno della De Luca. Anche per queste chiamate, secondo i consulenti del pm calabrese, si è accertato che il magistrato della Dda (che aveva già un suo telefono di servizio) aveva deciso di trasferire le sue chiamate in entrata, forse per non portarsi dietro due cellulari. Il telefonino di turno sarebbe dunque rimasto alla De Luca. Che oltre a chiamare imprecisate hot line, forse linee di cartomanti, previsioni del lotto o astrologhe, si sarebbe messa in contatto con Daniele Cenci (22mila in tutto le telefonate rintracciate) sempre con il cellulare di servizio e anche in ore notturne, nonché con il fidanzato (oltre 16mila contatti nel periodo tra il 20 aprile 2005 e il 22 aprile 2007). Piccolo particolare. Lo scambio di telefonate è avvenuto quando Cenci era presidente del Tribunale di Potenza durante le delicate fasi del cosiddetto processo «Panio», che vedeva la De Luca pm dell’accusa contro undici imputati (tra i quali l’ex sottosegretario allo Sviluppo Economico, Filippo Bubbico, e l’allora governatore della Basilicata Vito De Filippo, entrambi del Pd), accusati di abuso d’ufficio e poi assolti. L’eccessiva confidenza tra la De Luca e Cenci fu anche oggetto di alcune dichiarazioni dell’allora gip di Potenza, Alberto Iannuzzi, a de Magistris. Ma sarà il processo, forse, a chiarire tutti i contorni di questa delicatissima vicenda.


Bisognerà anche far luce su alcuni alti ufficiali dei carabinieri che, secondo le ipotesi investigative contenute nell’avviso di conclusione indagine dell’inchiesta, avrebbero minacciato i propri sottoposti per «costringerli» a rivedere alcune dichiarazioni e prospettando loro procedimenti disciplinari e trasferimenti d’ufficio, peraltro poi effettivamente avvenuti.
felice.manti@ilgiornale.it

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