Il Pm insiste: archiviazione per la Moratti

Condotte «lesive della dignità delle persone ma non penalmente rilevanti». «Profili di illeciti amministrativi» ma non reati. É agrodolce il documento con cui il procuratore aggiunto Alfredo Robledo ieri insiste nel voler chiudere con un nulla di fatto l’indagine a carico del sindaco Letizia Moratti e dell’ex direttore generale del Comune, Gianpietro Borghini, per la vicenda delle consulenze d’oro di Palazzo Marino. Già una volta la Procura aveva chiesto l’archiviazione del procedimento a carico del sindaco, di Borghini e di altri tre funzionari comunali, ma si era scontrata con il giudice preliminare Paolo Ielo che aveva ordinato nuove indagini. Ora, dice il pubblico ministero, le nuove indagini sono state fatte e hanno confermato che nella vicenda i vertici del Comune si mossero male, seguendo più criteri politici che di buona amministrazione. Ma non violarono il codice penale.
Sulla nuova richiesta di archiviazione dovrà ora esprimersi un altro giudice preliminare, Maria Grazia Domanico, perché nel frattempo Ielo è stato trasferito a Roma. Ma la Procura sembra convinta di avere ormai chiarito la vicenda fin nei dettagli, e che non vi siano elementi per portare a processo la Moratti e Borghini. Sarà semmai la Corte dei Conti a chiedere al sindaco e al suo staff di risarcire i danni causati alle casse comunali dall’ondata di nomine.
L’indagine aveva messo sotto la lente di ingrandimento le due fasi successive in cui si era sviluppato il turn over di dirigenti comunali applicato dalla Moratti dopo la vittoria delle elezioni: dapprima il pensionamento di un gruppo di dirigenti storici del Comune, cui senza troppi complimenti venne suggerito di togliere il disturbo, e subito dopo la infornata di 59 dirigenti e 30 consulenti.
Per il primo capitolo, Borghini e due suoi collaboratori erano stati indagati per concussione. Al termine delle indagini, Robledo sostiene che l’avvicendamento dei dirigenti rientrava nell facoltà del Comune, a prescindere dai modi bruschi con cui venne attuato (peraltro alcuni dei rimossi, interrogati recentemente, hanno negato di avere subito minacce).

Quanto alla pletora di dirigenti e consulenti assunti subito dopo, la Procura si è soffermata in particolare su alcune scelte: come quella di Carmela Madaffari, «la cui ragione risiede in una motivazione di carattere essenzialmente politico, probabile oggetto di accordi compensativi conclusi in sede diversa», o di Marianna Faraci, nata dalla «indicazione della convenienza politica di nominare un dirigente con motivazione esclusivamente fiduciaria, motivazione accreditata nel corso della campagna elettorale». Insomma, secondo Robledo più del merito venne premiata l’appartenenza. Ma questo non è reato. L’ultima parola (forse) tocca ora al gip Domanico..

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