La letteratura a volte commette il peccato di tenere nascosti i suoi tesori, e la poesia ancor di più. Esistono veri irregolari del pensiero, outsider della scrittura, autori “maledetti” i quali, nonostante e al di là del valore estetico-artistico della loro opera, non riescono (e forse neppure vogliono) arrivare al grande pubblico, rimanendo confinati in “aree protette” battute solo dagli specialisti, dai fan e da qualche critico. Un peccato, perché i loro libri, nei rari casi in cui sono capaci di bucare il muro di gomma dei gatekeepers dell’intellighentia, aprono prospettive inaspettate. E’ il caso di Scberto da Gierbino, oscuro ma straordinario poeta umbro che definire dialettale sarebbe riduttivo, la cui opera e la vita stessa sono da decenni avvolti da un’aura che sconfina nel mito.
Già attivo negli anni Cinquanta-Sessanta, letto come un autore culto in tutta l’Italia “popolare” del centro-sud pur senza aver mai pubblicato un libro in vita, ma conosciuto soltanto grazie alla tradizione orale dei suoi componimenti, Scberto da Gierbino costituisce un vero e proprio “caso” letterario. Di lui si sa pochissimo – se non la sua ricca e variegata produzione copre un arco di tempo di oltre un secolo, motivo per il quale si è avanzata l’ipotesi di un “collettivo” (una sorta di Wu Ming ante litteram) capace di ripetere nel tempo uno stile fortemente individuale- e che la figura, a metà fra il folklore e la leggenda, ha assunto via via i tratti del “brigante” (fu accusato in passato di aver violentato una ragazza) e dell’eroe (si dice che abbia salvato una suora che stava annegando nel fiume). Quello che è certo è che tutti, in quella terra grama e magnifica che è l’Umbria, lo conoscono come “Lu Poeta”. E quello che è certo – finalmente – è che dopo anni di ricerca e di studi, sta per uscire – il merito è di Coniglio editore – la prima edizione critica dell’opera poetica di Scberto. Curato da Barbara Alberti e Massimiliano Parente (ai quali va tutto il merito della ri-scoperta), il prezioso volume, dal titolo ben più che allusivo “A fregn”, raccoglie trentuno componimenti, ovvero tutto ciò che si è salvato della sterminata (così si tramanda) produzione di questo “iperbolico, apocalittico e osceno poeta”, ed è impreziosito da una erudita “Nota al testo” del critico Fabio Canessa.
Selvaggia, istintiva, ctonia,a volte divina a volte blasfema, la poesia di Scberto da Gierbino costituisce un unicum nel panorama letterario del Novecento, e per quanto conosciuta da un pubblico ristretto e certamente non elitario, è stata capace di influenzare molti “poeti arrabbiati” pre e post Sessantotto, a cominciare da qualche esponente del Gruppo 63… Ascoltabili oggi anche su Youtube (Barbara Alberti legge alcuni componimenti, come “U giec”: http://www.youtube.com/watch?v=CxujlMBZymI, o come “U Bambasc”: http://www.youtube.com/watch?v=_4Dr_nBDBkw), le poesie di Scberto da Gerbino – quasi un Majakovskij in salsa di noci - spaziano dai toni naturalistici (si pensi alla bellissima istantanea “Lu scuiattulu” che apre la raccolta) al citazionismo post-moderno (ad esempio “L’omm ragn” dedicata al noto supereroe, con quelle acrobazie lessicali che fanno il paio a quelle fisiche del protagonista: “T’arrapatava nu ragn?/ T’arrapatava nu frocio vulant, inta a’i calzamaglie?...”), dalla speculazione filosofica (“U principio”) alla provocazione dissacrante (“A bestemmia”, una sorta di lauda rovesciata del conterraneo Jacopone …).
Al di là dei canoni letterari riconosciuti, al di sopra delle mode, a prova di critica, la poesia di Scberto da Gierbino – misconosciuta per destino stesso dell’autore ma anche a causa di una pesante miopia del mondo editoriale
italiano – rimane una delle più vive, fresche e originali del nostro secondo Novecento. Un arcano – emblematico in questo senso il componimento “U scuozz” - difficile da svelare, e per questo ancora più affascinante.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.