Quando i vigili del fuoco sono arrivati, Thomas Anto, 35 anni, cittadino polacco, era pressappoco una torcia umana. «Bruciava, le fiamme lo avvolgevano come, purtroppo il cellophane che sera tirato su, addosso, per ripararsi dal freddo, un materiale estremamente infiammabile», raccontano, la scena ancora stampata negli occhi, i pompieri inviati dalla centrale di via Genova. Sono da poco passate le 23 di venerdì. LSos scatta in via Cremuzio Cordo, a Monte Mario. Lungo la strada una sorta di «fortino» da tempo occupato da un nucleo di sei stranieri: altri quattro uomini e una donna. Linterno è sistemato dignitosamente, per quanto le condizioni lo consentano. Accanto al giaciglio di Anto, un paio di candele accese. «Faceva sempre così - spiega i fatti ai carabinieri inquirenti - le accendeva prima di coricarsi, per avere un po di luce e un po di calore. Spesso, rientrando dopo di lui, siamo stati noi a spegnerle. Forse stavolta ne è scivolata una sul cellophane». Anto viene soccorso dai vigili del fuoco, caricato su unambulanza del 118 e trasportato durgenza allospedale SantEugenio. Ha ustioni di terzo grado sullottanta per cento della superficie corporea. I medici lo hanno indotto in coma farmacologico «per aiutarlo a contrastare il dolore che, altrimenti sarebbe insopportabile, dicono. Anto lotta ora tra la vita e la morte.
Anto, che non aveva documenti, è stato identificato solo grazie ai suoi connazionali che hanno aiutato i carabinieri a ricostruire laccaduto. Si era pensato anche a un tentativo di suicidio: «Prima lavorava come manovale - affermano gli amici - da un po, però, aveva perso il lavoro e aveva cominciato a bere e a isolarsi».
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