Ricordo, come se fosse oggi, il giorno che Sergio Cofferati annunciò che rinunciava a ricandidarsi a sindaco di Bologna per stare vicino alla sua famiglia, a Raffaella e a suo figlio, qui a Genova.
Ne parlammo, ovviamente, come tutti, sulla prima pagina nazionale. E - come sempre accade qui al Giornale - liberi di dire la nostra opinione: il direttore Mario Giordano ha attaccato duramente la politica dei pannolini e della fuga dai fallimenti di Bologna; io, che rispetto a lui ho il cuore di panna, ho provato a prendere per buona la spiegazione di Cofferati, dandogli il beneficio del dubbio. Entrambi, da papà, sappiamo comunque cosa significhino i figli.
In quei giorni, sembravamo il poliziotto buono (io) e il poliziotto cattivo (il direttore). Anche se di quella bontà già mi sono un po pentito incontrando in giro per Genova tante volte lex leader della Cgil. La scena è la seguente: Raffaella a destra, Sergio a sinistra che spinge la carrozzina, gli agenti della scorta che guardano un po torvo sia a destra che a sinistra, scortando Cofferati senior e Cofferati junior.
Soprattutto, vedendo il ritratto di famiglia in un esterno, viene spontanea una domanda: la carrozzina spesso vaga per via Venti Settembre, zona Ponte Monumentale e altre vie che non sono propriamente lideale per far respirare lo iodio al bimbo. (...)
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