Arte

Polemica sul Padiglione Italia. Sgarbi: "Una presa in giro"

Oggi verrà inaugurato "Due Qui / To Hear" di Massimo Bartolini: un'oasi buddista con tanto suono e molta pace

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Un piccolo miracolo il Padiglione Italia l'ha già compiuto: nonostante le code ovunque, il meteo ballerino e i 4200 giornalisti accreditati, il 70 per cento dei quali stranieri, che hanno preso d'assalto questa 60ª Biennale d'arte, laggiù, alle Tese delle Vergini dell'Arsenale si respira un po' di pace. Merito di un Padiglione, curato da Luca Cerizza con Massimo Bartolini come unico artista (ma non solo, come vedremo), che «ascolta lo spazio» (ben 3.850 metri quadrati) e, di riflesso, sollecita al raccoglimento.

Due Qui / To Hear, un gioco di parole e assonanze con l'inglese, nasce per far risuonare nei visitatori qualcosa, e ci riesce. Oggi alle 15,30 sarà ufficialmente inaugurato dal ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, alla presenza di Angelo Piero Cappello, commissario del Padiglione, Pietrangelo Buttafuoco, presidente della Biennale, Luigi Brugnaro, sindaco di Venezia, insieme a Diego Della Valle presidente e ad di Tod's, partner del Padiglione Italia, e di Ernesto Fürstenberg Fassio, presidente di Banca Ifis, sponsor (400mila euro il contributo dei privati, 800mila euro il sostegno che arriva invece dal governo). Massimo Bartolini, toscano di Cecina, classe '63, trent'anni di carriera alle spalle, non improvvisa fuochi d'artificio e resta fedele al suo percorso: arrivando dalla mostra principale ideata da Adriano Pedrosa, una profusione di colori saturi e gigantismi (specie negli spazi dell'Arsenale), i nostri occhi al Padiglione Italia finalmente riposano. Si allertano invece le orecchie, perché è il suono il fil rouge del percorso espositivo. «Non importa - ci spiega il curatore - da che parte si entra: la visita è circolare, con un esterno più rarefatto e meditativo, rappresentato dalla statua e dagli alberi del giardino, e un centro propulsore più solido».

Abbiamo scelto di iniziare dall'ingresso tradizionale, dove è presente l'unico elemento figurativo del padiglione, una piccola statua di un Bodhisattva, divinità pensierosa dell'iconografia buddista. L'ha disegnata Massimo Bartolini, che la commenta così: «È una figura che mi ha sempre affascinato, perché è un individuo che non agisce, ma riflette. L'installazione, invece, non produce architettura, ma suono: è una struttura che non occupa spazio». Ma ha un suo innegabile peso specifico. Il piccolo Buddha poggia su qualcosa che solo avvicinandoci capiamo essere una lunghissima canna d'organo: produce una risonanza lieve in La bemolle e bisogna concentrarsi per coglierla.

Entriamo nel secondo ambiente, quello di maggiore impatto: qui un complesso reticolo di tubi che Bartolini ha disegnato ispirandosi, nella pianta, alle forme sinuose del giardino barocco, funge da cassa di risonanza, come canne sonore, del maestoso marchingegno d'organo al centro dell'ambiente e posto vicino a una fontana candida e circolare da cui zampilla in verticale l'acqua, grazie alle sollecitazioni delle onde sonore. In sala risuona deciso il componimento firmato da due giovani stelle della musica, l'italiana Caterina Barbieri e la statunitense Kali Malone (peraltro amiche ma qui alla loro prima collaborazione). Il bello, per noi, è stato camminare dentro questa architettura in metallo, che in verticale pare quasi un alveare, e lasciarsi guidare dalla musica.

Il suono ci richiama anche nel giardino, uno spazio che è parte integrante del progetto Cerizza&Bartolini: dagli alberi circostanti degli speaker ben nascosti tra le fronde diffondono la musica dell'ottantenne inglese Gavin Bryars, maestro della musica contemporanea, e di suo figlio Yuri, 25 anni appena, con inserti canori suggestivi. Il Padiglione Italia diventa così un'installazione corale e si nutrirà per tutta la durata della manifestazione di performance: domani, ad esempio, ci sarà un reading in giardino del cupo Discorso di un condannato alle piante dello scrittore Tiziano Scarpa e della favola morale L'albero presuntuoso di Nicoletta Costa, per un progetto artistico che invita a fare silenzio dentro sé stessi, per tendere l'orecchio verso gli altri.

Questo padiglione sinestetico - lo si capisce guardandosi in giro, qui in Arsenale - sta piacendo e incuriosendo parecchio la stampa straniera, compostamente in coda (infinita), nonostante la pioggia. Registriamo invece lo sconcerto (preannunciato anche su queste pagine) del critico Vittorio Sgarbi, poco convinto del progetto che si è aggiudicato il bando del ministero, procedura per la prima volta utilizzata per la partecipazione al padiglione nazionale: «Per me - ha detto - il Padiglione Italia va contro il senso dell'arte contemporanea, quella che in questo momento si esprime, come abbiamo visto anche in questa Biennale di Pedrosa, nel recupero della pittura». Ancora Sgarbi: «Questi tubi sonori incolpevoli sono una presa in giro di ogni tendenza attuale. Un insulto contro l'umanità.

Il ministro dovrebbe rifiutarsi di venire».

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