Policlinico L’odissea di un anziano malato di Sla

Un malato di Sclerosi laterale amiotrofica fa il tour dei reparti all’Umberto I mentre sua moglie si fa in quattro per garantirgli assistenza e per formare il personale. E la denuncia dell’associazione «Viva la vita» su questa vicenda riaccende i riflettori sull’ospedale pubblico più grande d’Italia. Il policlinico romano, scrive in una nota l’associazione, «si presume abbia tutte le carte in regola per assistere un malato complesso come il signor Luciano Maccari, 78 anni appena compiuti e la Sla in stadio avanzato». Ma la storia che «Viva la vita» ha raccolto dalla moglie dell’uomo, Flavia, disegna un quadro diverso. «Mio marito è stato ricoverato poco più di un mese fa e ha già cambiato tre reparti», racconta la donna, che normalmente si prende cura del marito a casa, da sola, con un’assistenza infermieristica di sole 3 ore al giorno, domenica esclusa. «Prima - prosegue - Luciano era a medicina al piano terra, poi è stato trasferito a medicina al terzo piano, dove addirittura mancava l’acqua calda, martedì improvvisamente mi hanno chiamato per dirmi che lo stavano trasferendo a neurologia. Mi hanno avvertito all’ultimo minuto, come se fosse un pacco scomodo da sistemare». L’altra questione su cui la moglie punta il dito è la preparazione del personale. «In ogni reparto in cui sono stata - racconta la donna - ho dovuto formare infermieri e medici su come gestire mio marito perché non erano assolutamente preparati. Ieri mi sono accorta che c’era un errore sulla terapia e che questa veniva somministrata in maniera insufficiente. Giorni fa sono andata a pranzo, quando sono tornata mio marito stava soffocando perché gli era stata messa una cannula sbagliata». E nel reparto di neurologia i campanelli per chiamare gli infermieri sono dietro al letto, dove l’uomo malato di Sla non può raggiungerli. «Ho fatto installare un campanello differente, a sfioramento - prosegue Flavia - ho pensato a tutto io. Non è una cosa trascurabile: se per qualche motivo la respirazione artificiale si ferma, e può succedere, mio marito ha due minuti di tempo per ricevere assistenza». E quando la donna ha avuto l’influenza, l’Umberto I ha coperto l’assistenza notturna solo una volta. Dopodiché la moglie ha dovuto pagarsela di tasca sua: «Siamo pensionati, non so per quanto potrò permettermelo ancora», conclude la donna. «È incredibile - spiega il presidente di Viva la vita, Mauro Pichezzi - che i familiari debbano formare gli infermieri e sostituirli persino in ospedale.

La direzione sanitaria del policlinico ha mostrato sensibilità e competenza, ma ci è stato detto che non hanno personale sufficiente per l’assistenza. Così i “singoli casi” diventano ricorrenti, e ogni volta che un malato di Sla entra in ospedale o in pronto soccorso si presentano disservizi a non finire».

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