Politica economica

"Il superbonus? Ce lo dobbiamo tenere sul groppone, mai più misure come questa"

L'economista Carlo Stagnaro spiega quanto il Superbonus influisca negativamente sulla prossima manovra finanziaria

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“Sarà necessariamente una manovra di dimensioni contenute". L'economista Carlo Stagnaro dell'Istituto Bruno Leoni non ha dubbi sul fatto che la prossima finanziaria "dovrà essere una manovra molto oculata e parsimoniosa".

Cosa dobbiamo aspettarci esattamente?

"Da un lato, come ha detto Giorgetti, il bilancio pubblico è fortemente vincolato da una serie di spese già programmate, tra cui il Superbonus, mentre dall’altro lato si va verso un rallentamento della crescita e ci saranno meno risorse da spendere. Sarà importante capire come il governo deciderà di spendere i pochi soldi che ha a disposizione. Metterà i soldi in tante piccole poste così da accontentare tutti e, nello stesso tempo, scontentare tutti oppure farà un intervento più coraggioso e mettere tutti i soldi che ha concentrandoli su una o due misure più importanti come la riduzione delle tasse?”.

Secondo lei, il governo per quali misure dovrebbe destinare i fondi che ha a disposizione?

“La ristrutturazione dell’Irpef è la promessa elettorale più impegnativa che il governo ha fatto in campagna elettorale e, quindi, dovrebbe mettere qualcosa per finanziare una prima tranche di revisione dell’Irpef. Ciò significa anche eliminare alcune spese fiscali e andare a tagliare un po’ di spesa improduttiva così da incrementare le risorse a disposizione”.

Mentre il problema del Superbonus come si affronta?

“Sul Superbonus c’è poco da dire. Sono spese già affrontate che abbiamo sul groppone e lì restano e, come ha detto Giorgetti, quella misura determina un vincolo fortissimo che si traduce in un minore gettito per i prossimi cinque anni pari a circa 20 miliardi annui. L’impatto, poi, dovrebbe diminuire. Speriamo che si sia imparata la lezione e che non si facciano più misure come questa”.

I fondi del Pnrr possono favorire la crescita?

“Se si spendono dei soldi, inevitabilmente, un po’ di crescita la produci. Bisogna chiedersi sempre se l’effetto sulla crescita ottenuto non si limita solo alla mera esecuzione dei lavori oppure se ha un effetto permanente sul Pil superiore a quello prodotto sul debito. Sul Pnrr è chiaro che, di fronte alla difficoltà a realizzare tutto, sarebbe opportuno ragionare sulle misure davvero importanti e rinunciare a spese che sono meno necessarie e che portano a un aumento del debito pubblico”.

Il ritorno del patto di stabilità deve preoccupare?

“Per quanto riguarda il patto di stabilità può esserci un elemento di ragionevolezza quando l’Italia chiede di scomputare dal calcolo del debito e del deficit quelle spese che sono rese obbligatorie per decisione dell’Ue come quelle legate alla transizione ecologica o alla guerra in Ucraina. Questo sarebbe un aggiustamento importante, ma il patto di stabilità non può essere rivoluzionato perché è il patto che impegna i singoli Stati a non sconquassare i conti di tutti”.

Sulla sanità come si dovrebbe agire?

“Sulla sanità, in proporzione al Pil, noi spendiamo meno della media europea. Se c’è una voce sulla quale è giusto andare cauti prima di tagliare è proprio la sanità che è uno dei settori su cui si sta ragionando meno. Detto ciò, il fatto che noi, in sanità, spendiamo meno di altri non deve essere un alibi per cercare di spendere meglio ripensando i processi produttivi dentro la sanità italiana così da rendersi sempre più efficiente”.

Quali altri settori sono intoccabili?

“I settori che vanno preservati, oltre alla sanità, sono la scuola e in parte le infrastrutture. Un conto, però, è dire che in quei settori non si debbono apportare tagli, altro è dire che deve rimanere tutto così.

Ribadisco: è necessario spendere meglio”.

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