Politica economica

Stipendi, cambia tutto: ecco i calcoli fascia per fascia

Quanto cambieranno i redditi degli italiani con la legge delega fiscale? Secondo le ipotesi oggi in campo, le politiche attivate tra legge di bilancio e previsioni del 2023 alzeranno da 150 a 3.640 euro le buste paghe annue degli italiani

Stipendi, cambia tutto: ecco i calcoli fascia per fascia
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Il Ministero dell'Economia e delle Finanze lavora alla rivoluzione fiscale. Semplificazione e chiarezza sono le parole d'ordine con cui Via XX Settembre intende procedere. Giancarlo Giorgetti ha affidato a Maurizio Leo, viceministro con in mano la delega delle politiche in campo fiscale di Fratelli d'Italia, il compito di costruire il pacchetto-quadro che dovrà orientare la riforma del governo Meloni.

Leo lancia la riforma fiscale

Leo ha anticipato alcuni dei punti salienti della misura pronta a essere messa in campo "entro febbraio" in una conversazione col Corriere della Sera in cui ha segnato le priorità dell'esecutivo: innanzitutto, semplificare ulteriormente le aliquote Irpef già calate da cinque a quattro nel 2022, portandole a tre. In secondo luogo, estendere gradualmente la flat tax sull'incremento di reddito rispetto ai tre anni precedenti anche ai lavoratori subordinati dopo averla introdotta per le partite Iva; aumentare la fascia di garanzia di beni coperti dall'Iva semplificata al 5%; contrastare l'evasione attraverso la semplificazione burocratica e la dichiarazione precompilata Iva; infine "per i lavoratori autonomi e i professionisti la delega di riforma del fisco dovrebbe prevedere l'ulteriore estensione della flat tax al 15%, che la manovra ha già reso possibile per le partite Iva con ricavi fino a 85mila euro. I programmi elettorali dei partiti di centrodestra prevedono di arrivare a 100mila euro", scrive il Corriere, massimale consentito dalle regole comunitarie.

Una vera e propria rivoluzione fiscale avente l'ambizioso obiettivo di ridurre la pressione sul ceto medio, rendere il Paese competitivo per gli investimenti esteri e aumentare i gettiti grazie alla crescita, non allo schiacciamento dei redditi. Sfide complesse che, nell'ottica del governo Meloni, dovrebbero rendere più pesanti conti correnti e portafogli degli italiani. Mettere dei numeri può sembrare prematuro, ma per capire il vero peso della svolta fiscale bisogna capire chi ci guadagnerà maggiormente e, soprattutto, quanto.

Irpef, l'ipotesi sulle tre aliquote

"Vedremo", ha risposto di recente Leo a Il Messaggero quando gli è stato chiesto se le tre aliquote del fisco futuro potranno essere quella al 23%, quella al 27% e la massimale al 43%, con l'eliminazione delle aliquote centrali al 25% e al 35%. Difficile questo scenario, però, che creerebbe sperequazione nella fascia di reddito compresa tra i 15 e i 28mila euro l'anni, che crescerebbe nell'imposizione dal 25 al 27%.

In quest'ottica qui chi ha un reddito fino ai 15mila euro netti non avrebbe svolte reali, al netto degli incrementi di stipendio tassati al 15% e dei 450 euro annui extra legati al taglio del cuneo fiscale. Invece, chi guadagna tra 15 e 28mila euro vedrebbe un aumento medio di circa 300 euro dell'Irpef dovuta netta, ottenendo, al netto del guadagno dovuto al taglio del 3% del cuneo fiscale tutto a favore dei lavoratori accresciuto, un beneficio netto compreso tra i 150 e i 540 euro annui. In quest'ottica qui, tutto va calcolato ovviamente al netto di possibili modifiche della "giungla" delle deduzioni: lo scatto oltre i 15mila euro farebbe saltare dal 23 al 27% l'Irpef e per rispettare l'equità orizzontale (chi guadagna di più al lordo delle tasse non può essere sorpassato al netto delle imposte da chi ha un reddito inferiore) ovviamente su questa fascia dovrà concentrarsi una quota sostanziale dell'aumento delle deduzioni.

Chi guadagna tra 28mila e 50mila euro, vedrebbe il suo Irpef medio scendere dal 35% al 27% con questo scenario. Chi guadagna da 28 a 35mila euro beneficerebbe dello sconto del 3% sul cuneo fiscale tutto a favore del lavoratore e di un risparmio sull'Irpef che comporterebbe un risparmio complessivo di impsote da 1.270 a 1.610 euro. Sopra i 35mila euro e fino ai 50mila il guadagno sarebbe imputabile all'Irpef: secondo simulato da IlGiornale.it, con questo scenario comporterebbe un aumento di reddito, legato al minor peso dell'Irpef, da 1.150 a 3.640 euro annui.

Per chi guadagna oltre i 50mila euro il vero cambio sarebbe legato alla svolta fiscale che comporterà di abbattere dal 43% al 15% la tassazione su ogni aumento di stipendio rispetto alla media del triennio precedente. La flat tax incrementale, ovviamente, si applica come detto a ogni scaglione.

Sono simulazioni e sicuramente passabili di modifica, dato che con questa base, a bocce ferme, il sistema presupporrebbe due criticità da risolvere: una scarsa riduzione del peso fiscale per i redditi inferiori e una concentrazione dei guadagni in una fascia ristretta di scaglioni Irpef. Su questo chiaramente il governo Meloni può lavorare modificando il settore delle detrazioni. Quel che è certo è che con la riforma fiscale, tra taglio del cuneo reso strutturale, aliquote Irpef razionalizzate e flat tax incrementale sugli stipendi, nessun contribuente a lavoro dipendente vedrà alzato il peso della sua imposizione fiscale.

La vera sfida è far ripartire lavoro e stipendi

In quest'ottica, notiamo che la flat tax incrementale è il vero game-changer della riforma fiscale. Ogni calcolo precedentemente fatto non tiene conto, chiaramente, dell'imponderabile eventualità che un reddito si modifichi nel corso dell'anno. Se la legge delega sarà come prospettata da Leo, ogni scaglione addizionale ricadrà ovviamente nel 15% già applicato per l'anno venturo alle partite Iva fino a 85mila euro.

Questo consentirà ai lavoratori dipendenti di avvicinarsi, in termini di guadagni dalle politiche del governo Meloni, ai veri "vincitori" della prima legge di bilancio del nuovo esecutivo: i professionisti con partita Iva e redditi da 65mila a 85mila euro che, secondo simulazioni compiute per MowMag, al netto di costi di gestione e oneri di vario tipo risparmieranno tra i 5 e i 19mila euro di tasse, a seconda delle varie fasce di redditività e dei diversi regimi di esenzione, rispetto ai parigrado a regime subordinato. La sfida, dunque, è quella di far ripartire a tutto campo il lavoro: ben retribuito, dignitoso e produttivo, con incentivi fiscali il suo rilancio può giocare un ruolo anche nel favorire la posizione fiscale degli italiani.

Alle imprese il compito di costruire un regime fondato sugli alti salari; ai lavoratori quello di essere sempre più adatti e competitivi in un mercato che intende premiare gli sforzi produttivi dei singoli e creare un contesto di minor imposizione fiscale sul ceto medio già tartassato in passato da imposte e balzelli di vario tipo.

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