Alleati vicini al tetto del 5% per la Difesa. Hegseth: "Impegno dettato dalle minacce"

Il 3,5% andrà in armi ed eserciti, il resto per industria bellica e infrastrutture. Ma Crosetto: "Spostare l’obiettivo al 2035"

Alleati vicini al tetto del 5% per la Difesa. Hegseth: "Impegno dettato dalle minacce"
00:00 00:00

Siamo al conto alla rovescia per l'appuntamento politico-militare più importante dell'anno per l'occidente: quel vertice dell'Alleanza atlantica, il 24 e 25 giugno in Olanda, in cui i leader dovranno scoprire le «carte» per garantirsi la sicurezza. Ogni Stato non potrà più impegnarsi a spendere in prospettiva, come in questi primi mesi di presidenza Trump. Ma iniziare a farlo, spiegando dove saranno orientati gli investimenti. Secondo il segretario generale della Nato, Mark Rutte, il 3,5% del Pil andrà in difesa pura; l'altro 1,5% da indirizzare ogni anno su industria bellica e infrastrutture. Priorità alla difesa aerea e antimissile, armamenti a lungo raggio e logistica, ha detto ai 32 ministri riuniti a Bruxelles. Summit a cui ha preso parte anche il capo del Pentagono, Pete Hegseth.

Gli alleati Nato non possono più dipendere dall'America, il messaggio cristallino portato ieri dallo statunitense agli omologhi europei in particolare. Hegseth, che il giorno prima aveva disertato il gruppo di contatto per la difesa dell'Ucraina, il formato «Ramstein», si è presentato al quartier generale a Bruxelles ribadendo la linea della Casa Bianca: deterrenza e pace attraverso la forza. Ma non più facendo affidamento solo sugli Usa «in un mondo con molte minacce...» anche nell'Indo-Pacifico. La Germania ha annunciato ieri che per rispettare i nuovi standard amplierà le sue forze armate. Per il ministro Pistorius, circa 60mila soldati in più da reclutare, poi Berlino fornirà il secondo pacchetto più consistente della Nato con la costituzione ed equipaggiamento di nuove unità a livello di brigata e pieno equipaggiamento delle brigate proprie da combattimento.

Hegseth si è detto «molto incoraggiato» dalle discussioni di ieri, ultimo vertice ministeriale prima del summit che conterà davvero all'Aia: i Paesi stanno superando il 2% del Pil in Difesa e siamo vicini al consenso quasi unanime per l'impegno del 5%: dettato «dalle minacce, non da noi». Ammettendo che ci sono Stati non del tutto d'accordo, è scattato il penultimatum: «Li convinceremo». L'Italia non ha ancora deciso se ricorrere alla clausola del Patto di stabilità Ue per aumentare a deficit la spesa militare. Crosetto preferisce parlare delle «capacità» che servono alla Nato e punta a un ritorno industriale visibile, rimuovendo gli ostacoli che frenano la cooperazione con nuovi strumenti che rendano l'industria europea più interconnessa. Per il ministro, il 3,5% del Pil non può essere dunque l'obiettivo immediato, ma entro il 2035 come chiede anche la Gran Bretagna. Sarà il titolare dell'Economia Giorgetti a decidere sull'attivazione del Patto.

Secondo Rutte, la dichiarazione finale dei leader in giugno si concentrerà su spesa, produzione e sostegno all'Ucraina. Nulla di deciso, in realtà; salvo la certezza, ribadita ieri dal segretario generale, che «nessuno tra i 32» intende formulare piani che portino a un «supporto a Kiev minore di quello che c'è». Promessi oltre 20 miliardi di euro in ulteriore assistenza e sforzi aggiuntivi.

Poi un appello a Trump: «Sosteniamo il presidente Usa per fermare il bagno di sangue voluto da Putin». Infine l'invito di Rutte a essere «preparati alla guerra» per «non essere attaccati» nella certezza che «la deterrenza nucleare resta la pietra angolare della sicurezza della Nato».

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica