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Un arresto ai vertici del Psoe. Sumar molla Sánchez: "Può cadere"

Gli alleati di sinistra pronti a scaricare il premier. I popolari all’attacco: "È ora di tornare alle urne"

Un arresto ai vertici del Psoe. Sumar molla Sánchez: "Può cadere"
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Cada chi deve cadere. Sembra una profezia ancestrale, è invece la parola fine sul sanchismo pronunciata dal centrosinistra spagnolo di Sumar ieri. Si stringe il cerchio attorno al premier Pedro Sánchez, su cui pende la spada di Damocle di elezioni anticipate. In manette l’ex segretario organizzativo del Psoe, Santos Cerdán, con le accuse di corruzione, organizzazione criminale e traffico di influenze.

La gravità della situazione si evince anche dal modus dell’arresto: il giudice della Corte Suprema Leopoldo Puente ha deciso di non ammettere la cauzione, stimando che il frutto di contratti manipolati possa superare i 5 milioni. Nell’ordinanza si menziona anche rischio di fuga, distruzione di prove e coercizione di testimoni. L’arresto di Cerdán è scattato per il suo ruolo «certamente di primo piano» anche dopo le intercettazioni ambientali nell’abitazione di Koldo García, con cui Cerdán e Ábalos avrebbero spartito le tangenti, precisamente il 10% di 500 milioni per i lavori affidati dal ministero dei Trasporti alla Acciona Construcción tramite agenzie dipendenti, passaggio a cui poteva prendere parte secondo il giudice il solo Cerdán, che era «incaricato degli opportuni accordi con i pagatori», ed era la persona «nella posizione migliore per sapere». A peggiorare la posizione di Cerdán, che si era dimesso il 12 giugno dopo le pesanti accuse di corruzione, c’è il fatto che dinanzi alla Corte Suprema non ha contestato le registrazioni, ma ha affermato di «non ricordare» di aver avuto tali conversazioni o che queste erano «incomplete o estrapolate dal contesto».

Tra il gelido e il preoccupato per le conseguenze politiche, il commento di Sánchez: «Il partito ha già fatto quello che doveva fare e ora è il momento di fare giustizia» ha dichiarato il socialista che in questi giorni ha criticato la Nato e le spese di difesa. Ma non sarà verosimilmente solo una parentesi questo inciampo giudiziario per il premier, già zavorrato dagli scandali che hanno colpito sua moglie Begona e suo fratello David.

A chiedere elezioni ci pensa la segretaria generale del Partito popolare spagnolo, Cuca Gamarra, secondo cui se il «sanchismo va in prigione, è ora di dare la parola agli spagnoli, di sciogliere il Parlamento e di indire le elezioni». Il leader del Pp, Alberto Núñez Feijóo, si spinge a invocare apertamente le dimissioni del premier, sostenendo che «la persona che Sánchez ha personalmente confermato come suo numero 3 sei mesi fa andrà in prigione, con le accuse di organizzazione criminale e corruzione. Se questo non merita dimissioni ed elezioni è perché manca qualsiasi senso della realtà».

Non solo a destra affiorano dubbi sulla tenuta dell’esecutivo, come quelli manifestati dalla coordinatrice generale di Sumar, Lara Hernandez, ovvero colei che tiene a galla il concetto di centrosinistra iberico, secondo cui la custodia cautelare in carcere per l’ex numero 3 del Psoe li obbliga a «riflettere, possiamo solo dire: cada chi deve cadere».

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