Politica estera

Sanchez sotto assedio: in Spagna è allarme siccità

Il premier spagnolo è finito sotto assedio per la politica di demolizione di dighe e bacini che in Spagna ostacola la lotta contro la siccità. E la questione diventa politica

In Catalogna non piove e Sanchez finisce sotto accusa
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"Non piove, governo ladro". Il vecchio proverbio italiano sulla perenne discordia tra cittadini e istituzioni si può adattare oggi alla Spagna guidata da Pedro Sanchez e chiamata alla fine dell'anno a un voto politico decisivo per il futuro del progetto del leader socialista. Sotto accusa, in questa fase, è l'assenza di risposte profonde date dal governo del Partito Socialista e della sinistra di Unidas Podemos alla crisi della siccità che attanaglia la Catalogna e l'Andalusia. Due delle regioni storicamente più importanti del Paese, due territori di scontro decisivi tra sinistra e destra del Partito Popolare e di Vox in vista delle elezioni politiche di quest'anno e due aree in cui la sequia, la siccità, è il problema all'ordine del giorno.

La Spagna nella morsa della siccità

Gli invasi delle dighe sono prosciugati, gli incendi boschivi si moltiplicano a un ritmo sconosciuto in passato, l'agricoltura soffre e le persone iniziano a patire le conseguenze di una stagione estremamente calda arrivata in anticipo. Spagna meridionale, Portogallo e Marocco sono nella morsa della più grave ondata di caldo primaverile che si ricordi e i 39 gradi toccati il 27 aprile a Cordoba, nel Sud della Spagna, rappresentano un record per il quarto mese dell'anno. In Andalusia non piove da due mesi, ma la siccità stritola soprattutto la Catalogna, ove l'acqua non cade copiosa dal cielo da trentadue mesi. Oltre due anni e mezzo.

"Nelle zone più asciutte", ha ricordato l'edizione spagnola di Associated Press, "il consumo di acqua è stato limitato. Le autorità della Catalogna nord-orientale hanno detto all'inizio di questa settimana che Barcellona e i suoi dintorni, che ospitano 6 milioni di persone, potrebbero entrare in "emergenza" entro settembre, a meno che le previsioni non si rivelino errate. Le dighe che forniscono acqua al nord della Catalogna sono state ridotte al 27% della loro capacità. Ancora più grave è lo stato del bacino del Guadalquivir, in Andalusia, che è al 26% della sua capacità".

La politica sulla demolizione delle dighe

Sanchez è sotto accusa perché in una fase di critica necessità idrica il suo governo sta proseguendo attivamente su una politica inaugurata da José Luis Zapatero nel 2005, quella della demolizione sistemiche delle dighe di media e piccola dimensione costruite su scala locale in diverse comunità o nelle periferie di grandi regioni come la Catalogna e l'Andalusia. Il ministero per la Transizione Ecologica di Madrid ha riportato che dal 2021 la Spagna ha smantellato 108 dighe su 239 complessivamente rimosse nel Vecchio Continente. La Strategia nazionale di ripristino fluviale inaugurata da Zapatero e ripresa da Sanchez mira a "liberare" i fiumi dalla concentrazione imposta dalle dighe e promuovere i movimenti di pesci e altri animali selvatici in forma più libera lungo il loro corso. Nata con legittimi obiettivi di tutela ecologica, la strategia rispondeva però a una fase storica in cui il peso dei cambiamenti climatici non era così opprimente e in cui temi come la siccità non erano all'ordine del giorno.

Nel 1995 l'allora ministro dei Lavori pubblici, il socialista Josep Borrell, oggi Alto Rappresentante Ue per la Politica Estera, proponeva di creare grandi bacini deviando alcuni fiumi per creare uno stock di riserva di acqua per rispondere alle emergenze. Il piano è rimasto lettera morta e a questo si è aggiunta la demolizione delle dighe accelerata da Sanchez. Il think tank conservatore Libertad Digital ha definito "nefasta" tale politica. L'Upa, il principale sindacato agricolo, teme che senza sussidi pubblici, sovvenzioni o ristori si rischi il tracollo della produzione nel Paese nell'estate e autunno 2023. Dal vino alle olive, passando per gli agrumi, presto ci si giocherà una fetta importante del Pil e dell'export agricolo spagnolo, e per Sanchez uno schianto sulla sequía potrebbe pregiudicare politicamente le prospettive di ripresa politica.

Il fronte politico

Juanma Moreno, presidente popolare dell'Andalusia e primo leader di destra a scardinare la storica roccaforte della sinistra iberica, è andato all'attacco nella giornata di domenica 30 aprile: "Senza acqua non c'è agricoltura, non c'è bestiame; senza acqua non c'è lavoro in molte regioni e comuni dell'Andalusia e senza acqua molte città dell'interno moriranno", ha sottolineato paventando la prospettiva di espansione di quella Espagna Vacia ("La Spagna Vuota") spopolata e in declino politico ed economico già visibile in Castiglia.

In Catalogna, invece, la crisi idrica può compromettere il sottile filo tra il governo e gli autonomisti che potrebbe proporsi sotto forma di un soccorso per un voto di fiducia ai socialisti in funzione anti-Popolari in caso di elezione non risolutiva per il Parlamento. Il leader nazionale dei Popolari, il governatore della Galizia Alberto Nunez Feijoo propone invece in reazione al problema un patto tra Stato e Regioni che deleghi alle comunità locali più poteri per gestire emergenzialmente la partita idrica. Su questo fronte si giocherà, insomma, una fetta importante di voto. E tutto, ad oggi, congiura contro Sanchez.

La cui volontà politica di far rifiorire la Spagna in senso progressista rischia di scontrarsi contro le problematiche della natura e quelle umane legate a strategie ambientali e di gestione del patrimonio pubblico decisamente controproducenti.

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