Deroga sul petrolio e scudo fiscale. I doni di Trump a Orbán agitano l'Ue

Budapest avrebbe ottenuto anche un accordo di finanziamento Usa. Imbarazzo di Bruxelles: "Concessioni già fornite, ora stop all'import"

Deroga sul petrolio e scudo fiscale. I doni di Trump a Orbán agitano l'Ue
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C'è un Paese che da tempo rappresenta una spina nel fianco per l'Unione europea. Sempre contro. Sempre di traverso. Mai allineato con le decisioni comuni. E c'è il leader di quel Paese che non perde occasione per sparare a zero contro quelle istituzioni dove, evidentemente, nonostante tutto si trova piuttosto bene. E ora, quel Paese e quel leader, sembrano aver intrapreso una strada pericolosa che porterà inevitabilmente a uno scontro, peraltro con l'aiuto di Donald Trump. Già perché oltre ad aver ricevuto la deroga per l'acquisto del petrolio russo extra sanzioni, l'Ungheria di Orbán sembra aver ottenuto anche altro dalla visita del premier alla Casa Bianca. Secondo i media ungheresi, Budapest avrebbe infatti ottenuto anche uno «scudo finanziario» che consisterebbe in uno scambio di valute tra le banche centrali dei due Paesi per stabilizzare l'economia interna e il fiorino ungherese. Quantomeno un motivo di imbarazzo per l'Europa che vede il suo principale alleato finanziare, di fatto, il suo principale nemico interno.

«Alcuni strumenti di Bruxelles che possono essere utilizzati contro l'Ungheria possono ormai considerarsi esauriti. Quindi il fatto che abbiamo uno scudo finanziario liquida non pochi piani di Bruxelles contro di noi», aveva non a caso detto Orbán appena rientrato in Ungheria da Washington. «Che l'economia ungherese possa essere strangolata dal punto di vista finanziario, possiamo scordarcelo. È finita. Abbiamo risolto la questione con gli americani. Se non ci saranno soldi da Bruxelles, ci saranno soldi americani», ha confermato in qualche modo il ministro ungherese János Lázár.

Un caso che va ben oltre l'imbarazzo e i fastidi. La Commissione europea aspetta di visionare il testo dell'esenzione garantita da Trump ma intanto non nasconde il fastidio per questo trattamento di favore a chi, come dimostrano gli ultimi anni di azioni, si è sempre dimostrato molto più vicino a Mosca che a Bruxelles, ostacolando le sanzioni alla Russia e gli aiuti a Kiev. «Dobbiamo vedere cosa è stato concordato. Nella misura in cui ciò riguarda l'applicazione delle sanzioni statunitensi, non abbiamo alcun commento da fare», ha detto la portavoce dell'esecutivo Ue Anna-Kaisa Itkonen. «L'Ungheria ha effettivamente beneficiato di un'esenzione dalle sanzioni a livello Ue sulle importazioni di petrolio dalla Russia, perché abbiamo riconosciuto le specificità dell'Ungheria in quanto Paese senza sbocco sul mare. E quindi importante tenere presente ciò ma ora c'è tempo per abbandonare completamente i combustibili fossili importati dalla Russia», ha detto invece l'altra portavoce Paula Pinho. Itkonen ha ricordato anche che la deroga a Ungheria e Slovacchia era stata decisa dalla Commissione nel 2022, quando sono state introdotte le sanzioni alla Russia, per non compromettere quei Paesi che dipendono maggiormente dagli approvvigionamenti di Mosca.

Intanto cresce l'attesa per la riunione dei ministri delle Finanze di giovedì in cui potrebbe essere pronto il documento della Commissione Ue con le opzioni di utilizzo delle risorse derivanti dagli asset russi congelati.

Fonti Ue esprimono ottimismo nonostante le difficoltà burocratiche e i rischi giuridici, con il consiglio europeo del 18 dicembre che potrebbe sancire un accordo definitivo e a prova di ricorsi. Per dare una svolta reale al conflitto.

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