Politica estera

Immigrati illegali: neppure Biden può chiamarli così

Ingarbugliato nel faticoso tentativo di costringere Donald Trump a venire a patti con lui sul tema dirimente dell'immigrazione illegale verso gli Stati Uniti, Joe Biden ha commesso un errore che rischia di pagar caro: per definire l'immigrazione di massa che arriva dal Messico e attraversa clandestinamente il confine meridionale non è ricorso a fantasiose perifrasi, ma l'ha chiamata semplicemente col suo nome

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Ingarbugliato nel faticoso tentativo di costringere Donald Trump a venire a patti con lui sul tema dirimente dell'immigrazione illegale verso gli Stati Uniti, Joe Biden ha commesso un errore che rischia di pagar caro: per definire l'immigrazione di massa che arriva dal Messico e attraversa clandestinamente il confine meridionale non è ricorso a fantasiose perifrasi, ma l'ha chiamata semplicemente col suo nome. Illegale, appunto. Scelta forse apprezzata da quei repubblicani con i quali cerca un compromesso, ma che sicuramente (e immediatamente) gli è costata una mezza rivolta all'interno del suo stesso partito.

La coperta del presidente democratico, insomma, è maledettamente corta. Se la tira da una parte per strizzare l'occhio alla destra repubblicana, che fa una propaganda vociantissima sull'invasione dei clandestini, subito viene alla luce la sensibilità altrettanto estrema della sinistra del suo partito. Per la quale, di fatto, le porte degli Stati Uniti dovrebbero sempre restare aperte in nome di una solidarietà ideologica verso le presunte vittime

del capitalismo a stelle e strisce. Fino a poco tempo fa, va ricordato, lo stesso Biden ripeteva che «assorbire un paio di milioni di richiedenti asilo in stato di bisogno in un Paese di 330 milioni di abitanti è cosa fattibile in un batter d'occhio, e rifiutarsi di farlo mi pare bizzarro». Ma adesso non può più farlo, perché il vento è girato e ci sono delle elezioni da vincere. Qui, però, ci interessa evidenziare un punto preciso. In America, e non solo in America, non esiste solo il vento di destra nazionalistica che sospinge il vascello di Donald Trump: soffia infatti impetuoso, in direzione opposta, anche quello della sinistra fanaticamente «woke» che pretende non solo che non si chiamino più le cose con il loro nome (la famosa «cultura del piagnisteo» denunciata ai suoi albori dal compianto Robert Hughes) ma addirittura che si neghi la loro reale natura. Qui si va molto oltre, e contro questo muro di fanatismo è andato a sbattere il benintenzionato presidente Biden. Nel caso specifico, la questione è semplice: definire illegale ciò che illegale è non si può e non si deve.

Le (presunte) ragioni di un'ideologia di parte, dunque, contro quelle del diritto, sulle quali si fonda la civile convivenza della società intera. Nemmeno il presidente degli Stati Uniti, che

di quella convivenza è il supremo garante, può permettersi di sfidare impunemente quell'ideologia estremistica ormai imperante soprattutto nelle università e presso la gioventù americana che guarda a sinistra, pena la caduta di un pilastro elettoralmente indispensabile. È un peccato che qui in Italia una definizione di buon senso come «il mondo al contrario» venga ormai automaticamente abbinata a un personaggio che ne fa poi un uso spregiudicato ed estremistico in senso opposto: è questa del lasciare agli estremisti, per conformismo e codardia intellettuale, il monopolio del buon senso, una tragedia della nostra modesta politica nazionale. Il discorso ci porterebbe lontano. Limitiamoci a dire che questa vicenda americana è un esempio perfetto di una verità molto simile: quando dilaga un fanatismo culturale e politico che nega la realtà, la reazione diventa inevitabile.

È così che si spalancano le porte del potere agli estremisti della parte opposta.

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