"Non posso dirvi cosa farò, ma ho già deciso". Negli scorsi giorni si è espresso così Donald Trump sulla possibilità di un attacco militare contro il Venezuela il cui fine ultimo non è del tutto chiaro. A confondere ancora di più le acque, il mercuriale Trump ha poi dichiarato nelle scorse ore che ci potrebbero essere dei colloqui con Maduro. "Vedremo come va. Vogliono parlare", ha detto il tycoon. Il New York Times ha però sottolineato che la Casa Bianca starebbe andando nella direzione di un'escalation. A riprova di ciò l'arrivo nella regione della portaerei Gerald R. Ford e l'annuncio da parte del capo del dipartimento della Difesa Pete Hegseth dell'operazione "Southern Spear" per reprimere i narcoterroristi "nel nostro emisfero e proteggere la nostra Patria dalla droga che sta uccidendo il nostro popolo".
Mentre la strategia Usa contro Caracas si fa più fumosa che mai e rimbalzano le ipotesi di un esilio per il dittatore venezuelano in Turchia, Russia, Azerbaigian o a Cuba, esperti consultati dalla Cnn affermano che in caso di un regime change il post Maduro potrebbe porre delle sfide colossali: dall'opposizione al regime frammentata a un esercito pronto a scatenare un'insurrezione passando per le conseguenze politiche interne agli Stati Uniti che seguirebbero a un intervento militare approvato da un presidente che ha promesso di non intervenire in conflitti all'estero.
L'emittente all news ha riferito che Trump ha visionato all'inizio della settimana scorsa le opzioni aggiornate per un'azione militare in Venezuela ma che una decisione finale da parte del commander in chief non è ancora stata presa. La concentrazione di risorse militari sembra però parlare chiaro. Nell'area dei Caraibi sono ormai presenti oltre una dozzina di navi da guerra e 15mila soldati americani e la campagna di pressione volta a convincere Maduro a lasciare il potere è già cominciata. Ma cosa succederebbe se il successore di Hugo Chavez dovesse fuggire dal Venezuela o se fosse ucciso in un attacco mirato?
Il day after a Caracas presenta incognite quasi irrisolvibili. Gli addetti ai lavori temono infatti che i militari potrebbero subentrare a Maduro o si potrebbe rafforzare un altro dittatore. Secondo Juan Gonzalez, ricercatore presso il Georgetown Americas Insitute l'attuale capo del regime è un "moderato all'interno del chiavismo e qualcun altro potrebbe usurpare il potere al posto dell'opposizione con il sostegno dell'esercito". Per John Bolton, ex consigliere per la Sicurezza nazionale durante il primo mandato di Trump, l'esercito venezuelano potrebbe non crollare dopo un'eventuale cacciata di Maduro. "Seguiranno la loro disciplina, affermerano il controllo militare e reprimeranno chiunque scenda in piazza", ha spiegato Bolton.
Se il dittatore dovesse cadere, si potrebbe aprire una competizione non solo tra civili e ufficiali militari appartenenti alla cerchia di Maduro ma anche tra i gruppi di insorti colombiani che operano dal Venezuela e le organizzazioni criminali legate al traffico di cocaina, oro e minerali. In caso di un crollo del regime, sostengono gli esperti, "queste spinte potrebbero lacerare la nazione sfociando potenzialmente in una guerra civile". Uno scenario ben riassunto da un diplomatico occidentale secondo il quale "Maduro è il garante dell'equlibrio". "Tutti sanno che è politicamente morto dalle elezioni dell'anno scorso", prosegue la stessa fonte, "ma se se ne va non c'è nessuno che possa mantenere lo status quo... quindi tutti si stringono attorno a lui".
Per l'amministrazione Usa scommettere sull'opposizione potrebbe dunque non bastare. Un gruppo anti-Maduro guidato da Edmundo Gonzalez, candidato alla presidenza l'anno scorso, fa sapere di avere un piano da 100 ore per trasferire il potere dall'attuale dittatore a Gonzalez. Per gli esperti però tale iniziativa sarebbe destinata al fallimento sia nel breve che nel lungo periodo senza il sostegno degli Stati Uniti e senza la sua presenza sul territorio. Washington dovrebbe in particolare aiutare la ricostruzione dell'esercito, addestrare le forze di polizia e scongelare i fondi del governo venezuelano.
Il supporto della Casa Bianca dovrebbe essere costante al fine di evitare il fallimento dello Stato venezuelano. Un diplomatico regionale afferma che l'uso della forza da parte degli americani "deve produrre un risultato ed essere collegato ad una soluzione politica con il sostegno degli Stati Uniti" con una pianificazione per "5-10 anni". Con buona pace degli elettori Maga. Come se non bastassero, a queste considerazioni sul futuro di Caracas se ne aggiunge poi un'altra ben più immediata.
Maduro, sul punto di affondare, potrebbe decidere di colpire gli interessi Usa nella regione attaccando le piattaforme petrolifere nel Mar dei Caraibi. Una strategia del caos dagli esiti e conseguenze imprevedibili che rappresenterebbe per Washington una pericolosa fonte di distrazione dal Medio Oriente e dal Pacifico.