La paragonano all’Onu, nell’eterogeneo fronte della gauche francese: tanto da essersi guadagnata l’appellativo di «casco blu». Una donna che porta pace fra uomini litigiosi. E tra partiti dal Dna talmente diverso l’uno dall’altro, su politica estera ed economia in particolare, che in camera caritatis non fanno altro che delegittimare a vicenda i rispettivi leader da almeno venti giorni. Lei no, attacca «l’estrema destra» e critica la compagine del presidente, senza però metterla sullo stesso piano dell’avversario numero uno, il Rassemblement national. Lei è «l’altra Marine», come la chiamano nel feudo lepenista di Hénin-Beaumont, nel Nord della Francia, dove vive a 200 metri dal municipio. Ha 37 anni, è un’ecologista militante e ha imparato a sue spese come si fa politica: bisogna metterci la faccia, occupare gli spazi lasciati vuoti da altri, e spingere sull’acceleratore quand’è il momento; anche in una curva pericolosa com’è questo secondo turno.
Da qualche giorno Marine Tondelier ha infatti abbandonato la sua proverbiale discrezione, anche sui social: da poca tv a spesso in tv. Da mera linea di demarcazione fra sinistra estrema e Ps, a frontwoman de facto del Nuovo fronte popolare. Dopo il duello a distanza fra lei, Bardella e Attal su BfmTv, per i militanti ora è lei la forza trainante dell’alleanza. Una scintilla nel mucchio composto da comunisti, socialisti, verdi ed estrema gauche di Mélenchon. E guardano a lei con curiosità anche certi pezzi di quel fronte repubblicano immaginato dal premier uscente Attal.
«Non partecipo alla sfilata delle auto-candidature...», dice con falsa modestia, celando fiducia verso un sistema pronto a trovare soluzioni d’urgenza in una fase in cui l’Eliseo ha perso l’attitudine all’urto macroniano. Da una forza d’imposizione a una d’interposizione? Possibile. Come i caschi blu nelle aree di crisi, spunta la carta Tondelier. «La priorità è battere Bardella, troveremo sempre soluzioni». Come nel 2022, quando in corsa per la segreteria di Eelv (Europe Écologie Les Verts) superò il favorito Julien Bayou, oggi è pronta a entrare nel rebus dei giovani al governo.
Con un’arma in più. È una donna, una madre civilmente unita al compagno, vegetariana (dal 2009). Da una decina d’anni combatte i lepenisti in casa da consigliera comunale nel Pas-de-Calais nella roccaforte elettorale del Rn. Non si è sottratta all’agone, ma con un suo stile: «È una lotta straziante, difficile, abito a 200 metri dal municipio...». Quasi un monocolore dove Le Pen tiene incontri e talvolta conferenze stampa; quello in cui la destra ha iniziato a far passare il suo messaggio. Lei intanto prendeva una laurea a Science Po -Lille, posizionandosi a metà fra piazza e accademia, fra Stato e rivoluzione; faceva esperienza nell’assistenza pubblica degli ospedali di Parigi e nella politica come portavoce della campagna presidenziale del verde Yanick Jadot, e prima ancora come braccio destro di Cécile Du flot, ecologista già ministra in un passato che non c’è più.
Oggi vede giovani avvicinarsi a ideologie spinte al limite per difendere l’ambiente (e imbrattare monumenti). È aperta alla discussione con tutti. Ma «non ci sarà un macroniano a Matignon».
Vanta pure gaffe, nel cursus honorum. Dopo aver rivendicato che non prendeva l’aereo, disse che ogni anno va in Guyana a vedere un albero crescere. «Ha nuotato fin lì?», ironizzò il Rn. Se la cavò così: volo solo per questioni di lavoro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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