
Prima l'idea di un negoziatore, poi una mozione per il licenziamento del presidente della Repubblica, infine la virata su un macroniano della prima ora che dovrebbe traghettare la Francia verso il varo di una legge di bilancio, al contempo, delicata e decisiva per il futuro non solo dell'Eliseo ma del paese. È accaduto proprio di tutto un attimo dopo le dimissioni che François Bayrou ha consegnato nelle mani di Emmanuel Macron, dopo la sfiducia incassata lunedì scorso dall'Assemblea Nazionale e prima della nomina a premier di Sébastien Lecornu che giurerà oggi.
«Questo Primo Ministro non avrà altra scelta che rompere con la politica perseguita per otto anni», ha attaccato il leader del Rassemblement National Jordan Bardella, secondo cui in tal caso «le stesse cause porteranno alle stesse conseguenze e, per definizione, porteranno alla censura del governo». Il RN è certo di ottenere la maggioranza assoluta in caso di nuove elezioni e ha chiesto di «ritornare davanti al popolo francese senza il quale non vedo come potrebbe emergere qualcosa di sano» con Marine Le Pen che sentenzia: «Macron ha sparato l'ultima cartuccia. Dopo le inevitabili elezioni il primo ministro si chiamerà Jordan Bardella».
Gabriel Attal aveva proposto di nominare un negoziatore a Matignon, che Le Pen, aveva subito relegato a boutade: «Equivarrebbe a nominare un arbitro per una partita quando tutte le squadre hanno lasciato il campo, ciò che i francesi vogliono è un ritorno alle urne attraverso lo scioglimento». Gli attacchi a Macron sono proseguiti anche da sinistra, con la mozione per il licenziamento del presidente della Repubblica: «Bayrou è caduto. Vittoria e sollievo popolare. Macron è ora in prima linea di fronte al popolo. Anche lui deve andarsene», ha spiegato Jean Luc Melenchon che ha parlato di «triste commedia di disprezzo nei confronti del Parlamento».
Un eventuale passo indietro di Macron sarebbe però gradito dal 64 per cento dei cittadini, come testimoniato da un sondaggio condotto dall'istituto Elabe per l'emittente televisiva BfmTv, mentre addirittura il 74 per cento si dice soddisfatto della caduta del governo Bayrou e il 69 ritiene la situazione politica senza via d'uscita.
Il capo dell'Eliseo fa spallucce e tira dritto, annunciando la nomina del nuovo primo ministro, il quinto in poco più di un anno: il ministro della Difesa Sébastien Lecornu, 39enne di stretta fede macroniana, che già dalla serata di ieri sarebbe stato impegnato nella composizione del governo, come ammesso da Xavier Bertrand, il deputato dei Républicains che pareva essere il prescelto per la successione di Bayrou.
L'obiettivo di Macron era quello di consegnargli il mandato subito, così da avere un governo quando sarà fisicamente a New York il 22 e 23 settembre, per riconoscere lo stato di Palestina nel palazzo di vetro delle Nazioni Unite. Ma il nodo saranno le alleanze che permetteranno a Lecornu, o a chi per lui, di non essere l'ennesimo agnello sacrificale. Per questa ragione l'Eliseo starebbe intensificando in queste ore i colloqui con i socialisti, vero e proprio ago della bilancia, ma in un'ottica differente che però ieri sera hanno definito «uno schiaffo» la sua nomina. Il quesito che circola nei palazzi della politica parigina è se Macron accetterà compromessi con la sinistra pur di non finire in anticipo la propria parabola politica, anche perché rispetto a quando, un anno fa, Bayrou prese le redini del governo, la situazione economico e finanziaria del paese è ora peggiorata sensibilmente.
Un ragionamento che ha fatto l'eurodeputata e figlia d'arte Marion Melenchal, tra l'altro vicepresidente di ECR party, secondo cui al di là degli equilibri parlamentari, in Francia i governi cadono per la stessa ragione: l'incapacità di rispondere alla crisi del debito e allo stato delle finanze pubbliche. E, qualunque sia il tentativo del prossimo governo, questa grave instabilità continuerà fino al 2027. La soluzione? «Dimissioni e un percorso di stabilità istituzionale ed economica».