C'è il danno (le casse erariali britanniche piangono) e c'è la beffa (l'auto, anche se elettrica, serve allo Stato per fare cassa con buona pace di tutti coloro che, in nome della sfrenata corsa all'ideologia green, si ritenevano dei privilegiati). E così è giunta la mazzata che si aggiunge all'esborso per il bollo (poco più di 220 euro): la tassa, una sorta di pay-per-mile, per i possessori di una vettura elettrica. Il provvedimento arriva proprio nel momento in cui i vicini di casa dell'Unione europea si apprestano a rivedere il percorso verso la decarbonizzazione che, come impostato, ha messo in ginocchio l'industria automotive. E se il balzello fosse adottato anche da altri Paesi, visti i non pochi problemi di bilancio?
Anche a Londra, dunque, vale la regola che quando i bilanci soffrono, tassare ulteriormente le auto - in questo caso la generazione elettrica che nel Regno Unito vale circa 1,3 milioni di veicoli in circolazione - può contribuire a far quadrare i conti.
The Telegraph stima intorno a 1,8 miliardi di sterline di nuove entrate fiscali entro il 2031. In pratica, si è insistito a eliminare le auto a combustione interna per fare spazio al tutto elettrico? Peccato che tra i tanti problemi non presi in considerazione c'è anche quello che le tasse su benzina e Diesel valgono per un Paese una montagna di soldi. Impossibile farne a meno.
Solo per l'Italia, secondo gli ultimi dati Unem, le accise sui carburanti assicurano all'Erario 26 miliardi l'anno ai quali bisogna aggiungere il gettito Iva pari a circa 13 miliardi per complessivi quasi 40 miliardi di euro.
Nel Regno Unito si parla, tradotti nella moneta Ue, di 4,8 centesimi per chilometro percorso a partire dal 2028. Se si faranno meno chilometri, rispetto al piano dichiarato, l'utente riceverà un bonus, in caso contrario è prevista una penalizzazione. È la stessa procedura che si segue nel noleggio a lungo termine.
Lo scorso settembre, in Gran Bretagna si è registrato il record di immatricolazioni di auto elettriche: 72.779 (+29,1% e 23,3% di penetrazione), mentre nel 2024 le immatricolazioni sono state pure al top per una quota mercato del 19,6% che, però, non ha soddisfatto l'obiettivo del governo, ovvero il 22 percento. A rischio, a questo punto, è il traguardo finale che Londra si è posta per il 2035 con il 100% delle vendite di vetture a batteria. Anche nel Regno Unito, inoltre, i marchi cinesi corrono: in settembre Byd è cresciuta dell'880 per cento.
Intanto, in vista del prossimo 10 dicembre, quando la Commissione Ue comunicherà le attese modifiche rispetto ai piani iniziali del Green Deal relativi all'automotive, si vocifera su un possibile allungamento di cinque anni, dal 2035 al 2040, del tutto elettrico. Anche il chiodo fisso della e-car prodotte in Europa (auto compatte, ecologiche ed economiche dal costo tra 15mila e 20mila euro) dovrebbe far parte delle misure. «È una mossa - osserva Andrea Taschini, manager e advisor automotive - che sposta il problema, ma non lo risolve.
Una presa d'atto del fallimento del Green Deal; una mossa politica per salvare la faccia con la sicurezza che tra 15 anni nessuno si ricorderà più il disastroso pasticcio fatto dall'Europa in anni di follia in cui il surreale ha preso il sopravvento».Tutti temi che saranno affrontati, oggi a Bruxelles, in una tavola rotonda con l'eurodeputata Isabella Tovaglieri e Guido Guidesi, presidente dell'Alleanza delle Regioni automotive europee.