
L'accordo raggiunto nelle scorse ore per la fine del conflitto nella Striscia di Gaza ha acceso come non mai dal 7 ottobre 2023 le speranze per la pace nella regione. Diversi i punti ancora da definire tra cui quello legato alla governance dell'exclave palestinese, destinato a guadagnarsi uno spazio crescente non appena verrà realizzata, come allo stato attuale sembra sempre più probabile, la liberazione degli ostaggi e dei prigionieri detenuti nelle carceri dello Stato ebraico. Senza dimenticare il disarmo di Hamas e il ritiro, seppur parziale, delle forze israeliane. Condizioni che potrebbero però rivelarsi decisamente più complicate da portare a termine.
Nonostante le non poche riserve che accompagnano il piano di Donald Trump negoziato da suo genero Jared Kushner e dall'inviato speciale della Casa Bianca Steve Witkoff, si guarda con cauto ottimismo al dopo Gaza e in particolare alla creazione del Board of Peace che dovrebbe amministrare la Striscia in via transitoria sino al reinsediamento di un'Autorità Nazionale Palestinese riformata. L'autorità amministrativa internazionale presentata nei 20 punti del tycoon dovrebbe essere guidata dal presidente Usa ma tra i suoi membri dovrebbe comparire, e giocare un ruolo chiave, l'ex premier britannico Tony Blair.
Inviato speciale delle Nazioni Unite per il Medio Oriente dal 2007 - lo stesso anno in cui Hamas prese il controllo della Striscia - Blair può contare su una fitta rete di contatti e amicizie potenti nell'area. Tra questi il premier israeliano Benjamin Netanyahu, che conosce dagli anni Novanta, il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman e il re Abdullah di Giordania. Non meno importante la sua vicinanza a Kushner. Intervistandolo nel 2019 nel corso di una conferenza, il genero di Trump descrisse Blair come "un mio buon amico e un buon consigliere su tante questioni". L'anno dopo l'ex premier aiutò Kushner nei negoziati che portarono alla firma degli accordi di normalizzazione delle relazioni con Israele e alcuni suoi vicini, noti come Accordi di Abramo.
Non stupisce dunque che a fine settembre Blair abbia partecipato ad una riunione nello Studio Ovale al fianco di Kushner e di Witkoff. In tale occasione i tre uomini, ha ricostruito l'Observer negli scorsi giorni, hanno spiegato a Trump che solo un buon accordo su Gaza può portare la pace in Medio Oriente e che i suoi rapporti con Israele e gli Stati arabi lo pongono in una posizione privilegiata per raggiungere l'ambizioso risultato. Secondo "fonti interne", è stato quello il momento in cui il tycoon ha abbandonato il suo progetto di Riviera del Medio Oriente gestita dagli americani per abbracciare un piano di ricostruzione per la Striscia affidato ai suoi abitanti e inquadrato in un accordo più ampio.
Nella fase di transizione prevista dall'intesa per Gaza, Blair, soprannominato cinicamente da alcuni osservatori "proconsole" e "governatore", si troverà a gestire un compito tra i più delicati come primo membro nominato del "Consiglio per la Pace". Di lui il quotidiano britannico riferisce che non intende essere un "nome sulla porta" distaccato dalla realtà sul campo. Per questo motivo l'ex premier dovrebbe avere base in Medio Oriente, almeno in una fase iniziale, e dovrebbe essere attivo nel garantire i finanziamenti per la ricostruzione della Striscia e il loro corretto impiego.
La nomina di Blair ha nel frattempo sollevato perplessità nel mondo arabo a causa del suo sostegno alla guerra in Iraq e anche Hamas avrebbe opposto resistenza al suo coinvolgimento nel dopoguerra. Alcuni osservatori avrebbero inoltre bollato l'idea di un "Tony d'Arabia" come un ritorno all'epoca coloniale.
Per l'Observer, a 72 anni, Blair però non ha nulla da perdere. Dal suo addio a Downing Street l'ex premier ha agito come un uomo in cerca di un riscatto. La pace in Medio Oriente potrebbe aiutarlo a completare tale missione una volta per tutte.