Nave lanciamissili americana a 11 km dalla costa. Maduro trema

È il Gravely, con un'unità di marines. Il senatore repubblicano Graham: "Possibili raid di terra"

Nave lanciamissili americana a 11 km dalla costa. Maduro trema
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Il cacciatorpediniere lanciamissili Uss Gravely è arrivato ieri a Trinidad e Tobago, l'arcipelago situato a soli undici chilometri dalle coste venezuelane, accompagnato da un'unità di marines per le esercitazioni con l'esercito locale annunciate giovedì scorso dal governo di Port of Spain.

La nave resterà ormeggiata fino a giovedì prossimo nella capitale, dove la sua presenza ha suscitato reazioni contrastanti tra gli abitanti, intervistati dai media locali. Da un lato, c'è chi ritiene che vi siano «ottime ragioni per cui gli statunitensi portano qui la loro nave da guerra: è per una buona causa e molte persone saranno liberate dall'oppressione e dal crimine». Altri, invece, temono una possibile escalation, data la vicinanza geografica con il Venezuela.

Il cacciatorpediniere è solo l'ultimo episodio dell'aumento della presenza militare statunitense nella regione caraibica, dopo che venerdì scorso Washington aveva annunciato l'invio della portaerei Gerald R. Ford, la più grande al mondo.

La strategia del presidente statunitense Donald Trump mira a frenare il traffico di fentanyl diretto verso gli Stati Uniti, dopo aver designato il presidente de facto del Venezuela, Nicolás Maduro, come obiettivo strategico, accusandolo di aver trasformato il Paese in una dittatura che viola i diritti umani e che, attraverso il cosiddetto Cartello dei Soli, è coinvolta nella distribuzione di stupefacenti. «La missione è distruggere le Organizzazioni Criminali Transnazionali (TCOs) e contrastare il narcoterrorismo in difesa della patria», ha ribadito ieri Sam Parnell, portavoce del Pentagono.

Il regime chavista ha tentato di aprire un canale di negoziazione con la Casa Bianca per evitare che la pressione statunitense ponesse fine alla sua impunità politica, ma Trump ha respinto le offerte dei negoziatori di Maduro, giudicandole insufficienti rispetto alle richieste di Washington affinché il dittatore lasciasse il potere e abbandonasse il Paese. «Mi ha offerto di tutto perché non vuole scherzare con gli Stati Uniti», ha dichiarato nei giorni scorsi Trump.

Una frase caduta come un missile su Caracas, alla quale Maduro ha risposto balbettando in diretta televisiva, in un misto di spagnolo e inglese: «No alla guerra... sì alla pace, per sempre».

Interrogato in volo verso l'Asia su quali obiettivi terrestri in Venezuela potrebbero essere colpiti, l'altroieri Trump ha risposto: «Abbiamo fermato l'ingresso di droghe via mare. Presto fermerò anche quello via terra. Vedrete che comincerà».

Ieri, il senatore repubblicano per la Carolina del Sud Lindsey Graham ha confermato che Trump informerà presto il Congresso sugli «eventuali futuri interventi militari contro il Venezuela e la Colombia», aggiungendo che il presidente sarebbe giunto alla conclusione che è arrivato il momento che Maduro se ne vada, secondo quanto riportato dal centro di analisi statunitense Axios.

E mentre

solo pochi collaboratori chiave avrebbero accesso alla strategia completa, la Casa Bianca non esclude misure drastiche contro i narcos che, secondo i vertici statunitensi, operano sotto l'ombrello del potere venezuelano.

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