Donald Trump sembra sempre più vicino a lanciare l'affondo sul Venezuela. Dopo aver lasciato intendere di aver maturato una decisione sulla strategia da adottare, si è consolidata la presenza militare statunitense nell'area caraibica con il posizionamento al largo del Paese della Uss Gerald R. Ford, la portaerei più grande del mondo, arrivata nella regione alcuni giorni fa. Oltre a quella che viene descritta come la «piattaforma da combattimento più letale» della Marina Usa, gli Stati Uniti hanno radunato circa 15.000 militari, insieme a più di una decina di navi da guerra, tra cui un incrociatore, un cacciatorpediniere, una nave comando di difesa aerea e missilistica, navi d'assalto anfibie e un sottomarino d'attacco. Hanno anche schierato 10 caccia avanzati F-35 a Porto Rico, diventato un hub per le forze armate americane nell'ambito della crescente attenzione ai Caraibi. Il contrammiraglio Paul Lanzilotta, al comando del gruppo d'attacco della Uss Ford, ha spiegato che ciò rafforzerà il dispiegamento di navi da guerra già numeroso per «proteggere la sicurezza e la prosperità della nostra nazione dal narcoterrorismo nell'emisfero occidentale».
L'amministrazione Trump insiste sul fatto che le mosse mirano a interrompere il flusso di droga verso gli Stati Uniti, ma in realtà tali sforzi vengono visti come una tattica di crescente pressione contro il presidente venezuelano Nicolás Maduro. Dall'inizio di settembre, gli attacchi Usa hanno ucciso almeno 80 persone in 20 blitz a piccole imbarcazioni accusate di trasportare droga nei Caraibi e nell'Oceano Pacifico orientale. Maduro ha affermato che Washington sta «fabbricando» una guerra contro di lui, e Caracas ha recentemente pubblicizzato una «massiccia» mobilitazione di truppe e civili per difendersi da possibili attacchi americani. Mentre la leader dell'opposizione venezuelana e premio Nobel per la Pace, Maria Corina Machado, ha lanciato un appello alla disobbedienza militare e sottolineato che «il momento decisivo è imminente».
Intanto, secondo quanto riporta Politico, la Casa Bianca è al lavoro sul «day after» di Maduro per il Venezuela, e sta valutando diversi piani qualora riuscisse a rovesciare il regime. Come hanno rivelato un funzionario statunitense e altre due fonti informate, tra le opzioni al vaglio c'è quella di offrire a Maduro e ai suoi stretti collaboratori un passaggio sicuro verso un altro paese per il loro esilio. «Alcuni funzionari dell'amministrazione Trump stanno parlando di esiliarli in Turchia - hanno spiegato - A meno che non accettino di andare in Russia o Azerbaigian. O forse a Cuba». Un'altra ipotesi è invece quella di arrestare Maduro e processarlo negli Stati Uniti.
Si sta discutendo anche di quali sanzioni rimuovere e quando farlo: alcuni funzionari vedono con favore un ruolo della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale per la ricostruzione dell'economia venezuelana. E si sta persino parlando di incoraggiare società di sicurezza private, possibilmente di altri paesi, a offrire protezione iniziale alla nuova leadership, se sarà vicina a Washington.