Politica estera

"È il nemico del popolo", Trump attacca Facebook e cambia idea su TikTok

Tutti i retroscena sulla decisione di Trump di non appoggiare la legge che potrebbe portare negli Usa al bando del social cinese

"È il nemico del popolo", Trump attacca Facebook e cambia idea su TikTok

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L’approvazione a larga maggioranza alla Camera Usa della legge che potrebbe portare negli Stati Uniti al bando di TikTok, controllata dalla società madre cinese ByteDance, fa registrare un cortocircuito all’interno del partito repubblicano. Infatti, sul provvedimento che dovrebbe proteggere gli americani da app controllate da avversari stranieri, lo speaker del Gop Mike Johnson ha votato a favore affermando che “la Cina comunista è il più grande nemico geopolitico dell'America e sta usando la sua tecnologia per minare attivamente la sicurezza e l'economia" degli States. La gran parte della sua area politica lo ha seguito ignorando di fatto le indicazioni di Donald Trump il quale, pur essendosi scagliato ai tempi della sua presidenza contro il social simbolo della minaccia di Pechino, in questi giorni si è espresso contro il bando sollevando numerose perplessità.

C’è da dire che non sono stati in molti nel partito dell’elefante a seguire le indicazioni di The Donald. Tra i 65 deputati, inclusi i democratici, che hanno votato contro la legge, si segnala la presenza dell’ultratrumpiana Marjorie Taylor Green, spesso impegnata in un'opposizione "rumorosa" contro Joe Biden, curiosamente ritrovatasi a votare insieme ad esponenti della sinistra dem come Alexandra Ocasio-Cortez. Ma cosa avrebbe spinto il miliardario a tornare sui suoi passi in quello che è stato definito un voltafaccia clamoroso?

L'importanza di essere social

Se vieti TikTok, Facebook e altri, ma soprattutto Facebook, ne avranno un grande beneficio” ha dichiarato Trump aggiungendo che alle scorse elezioni il social fondato da Mark Zuckerberg “è stato molto disonesto” e sarebbe diventato “un nemico del popolo”. La settimana scorsa l’ex presidente aveva scritto su Truth Social di non volere che Facebook e Meta facessero “di meglio”. Questa è la spiegazione ufficiale fornita dal tycoon che, oltre a non presentare prove sulle accuse lanciate, convince solo in parte.

Più utile a fare chiarezza è quanto afferma Steven Cheung, il portavoce dell’ex star di The Apprentice, secondo il quale il suo capo pur considerando la proprietà cinese di TikTok come una minaccia alla sicurezza nazionale apprezzi allo stesso tempo che l’app piaccia a milioni di americani. Questa considerazione in effetti è legata all’altissimo utilizzo del social negli Stati Uniti – 170 milioni di utenti di cui la metà sotto i 30 anni – soprattutto tra i giovanissimi della generazione Z fondamentali per conquistare la Casa Bianca il 5 novembre.

A tal riguardo Politico riporta l’opinione di John McLaughlin, un sondaggista della campagna di Trump secondo il quale il successo di TikTok tra gli elettori Usa rende davvero complicato sottrarre a cittadini che votano qualcosa che vogliono o utilizzano. In termini ancora più netti un altro consulente del tycoon, Alex Bruesewitz, sostiene che “è da pazzi” andare contro il social cinese in un anno di elezioni. D'altra parte lo stesso ex presidente ha riconosciuto che “tanti giovani impazziranno senza TikTok”.

La pista dei soldi

Un altro fattore alla base dei calcoli del candidato del Gop sarebbe legato ad un possibile accordo con Jeff Yass, miliardario finanziatore repubblicano in possesso del 15% di ByteDance ed in passato contrario a Trump. Yass è un grande sostenitore dei politici scesi in campo per difendere l’app e il Club for Growth, organizzazione conservatrice di cui è il più importante donatore, ha assunto come lobbista al Congresso Kellyanne Conway, uno dei consiglieri principali dell’ex presidente all’epoca del suo mandato. Proprio lei avrebbe convinto il repubblicano sulla necessità di difendere TikTok. E intanto un altro storico ex consigliere, Steve Bannon, in riferimento ai rapporti con Yass, accusa Trump di essere stato “comprato”.

Comunque sia andata - Trump dichiara di aver incontrato il finanziatore ma di non aver parlato con lui del social - i retroscena della vicenda tornano a rievocare nella mente degli americani gli intrighi politici, il clima di sospetti e l'imprevedibilità che quattro anni fa regnavano nella città attraversata dal Potomac.

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