Politica estera

Svezia nella Nato: perché la Turchia ha chiesto gli F-16 agli Usa

La ratifica turca all'ingresso della Svezia nella Nato coinvolge diversi aspetti. Uno di questi potrebbe essere lo sblocco degli aerei da guerra per l'aviazione di Ankara: cessione paralizzata al Congresso

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L'ok della Turchia alla Svezia nella Nato ha avuto e continua ad avere diversi significati politici. Ma nei meandri dei negoziati che hanno condotto alla faticosa ratifica del parlamento di Ankara, c'è una delle partite forse più complesse della diplomazia di Recep Tayyip Erdogan: quella per i caccia F-16.

Da tempo, al Congresso degli Stati Uniti, è completamente paralizzata la trattativa per acquisire 40 nuovi aerei di fabbricazione americana e un altrettanto numero di kit di aggiornamenti. Molti segmenti del parlamento Usa non ritengono strategico fornire questi strumenti all'aviazione turca, e soprattutto credono che la politica fin troppo autonoma di Erdogan nei rapporti con la Russia abbia dato del filo torcere alle strategie di Washington. Lo stesso problema si palesò con l'acquisizione del sistema russo S-400 da parte della Turchia: motivi per il quale da Oltreoceano arrivò lo stop alla partecipazione dell'alleato mediorientale nel programma F-35.

Negli anni, Ankara ha cercato di colmare il gap tecnologico bellico sia cambiando fornitori sia aumentando la propria produzione interna. Ma gli F16, di cui la Turchia ne ha a disposizione più di 200, rappresentano ancora oggi il pilastro dell'aviazione. Per Erdogan è fondamentale innovarle la flotta aerea, anche per non rimanere indietro rispetto ai competitor locali (prima fra tutti la Grecia). Ed è anche per questo che la palude politica del Congresso statunitense si è rispecchiata nella farraginosa procedura per la ratifica dell'ingresso della Svezia nell'Alleanza atlantica. Adesione che comunque ha ancora bisogno del definitivo via libera da parte dell'Ungheria.

Molti politici e osservatori hanno dichiarato che la trattativa sugli F16 fosse in realtà non così parallela a quella dell'ok a Stoccolma. Non è però un mistero che il tema sia rimasto comunque al centro dei colloqui tra Ankara e Washington ed è dunque probabile che tra Erdogan e il presidente Usa Joe Biden si sia di recente parlato anche di questo accordo. La Turchia ha ottenuto dalla Svezia (e prima ancora dalla Finlandia) garanzie soprattutto riguardo i legami tra questi Paesi e i movimenti curdi, che per Ankara sono a tutti gli effetti nemici interni e organizzazioni terroristiche. Tuttavia, è anche evidente che la questione dei rapporti con gli Stati Uniti e con la Nato abbia un peso specifico particolarmente importante nella decisione di dare il semaforo verde a questo ampliamento del blocco euroamericano. Erdogan è riuscito a spuntarla sui caccia? Difficile al momento dare una risposta. Per una parte rilevante della politica americana e atlantica restano ancora diversi interrogativi da risolvere, dalle posizioni della Turchia nei riguardi della Russia e dell'Iran fino alla rivalità con la Grecia sul fronte dell'Egeo e il nodo cipriota, senza dimenticare della politica turca nel Caucaso e dei rapporti tesi con Israele. La concessione sulla Svezia può essere una svolta.

Ma entrambe le potenze in gioco, sia Ankara che Washington, hanno dimostrato di avere molti più tavoli su cui giocare la loro complicata partita a scacchi.

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