Politica estera

"Non nei nostri interessi": così Orban frena sull'ingresso di Kiev nell'Ue

Il leader magiaro ha parlato alla radio del tema ucraino. Tutto rientra nella trattativa per scongelare i fondi Ue a Budapest, ma per l'Ungheria è un modo anche per ribadire la sua linea non antirussa

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Per il primo ministro ungherese Viktor Orban, l'adesione dell'Ucraina all'Unione europea non è una priorità di Budapest. L'ammissione è arrivata durante un'intervista del primo ministro magiara a Kossuth Radio, in cui Orban ha proposto di "non discutere l'avvio dei negoziati con l'Ucraina per l'adesione all'Ue al vertice di dicembre". I motivi con cui il leader sovranista ungherese ha espresso questa posizione sono molti. Il primo è che l'adesione di Kiev all'Unione non avrebbe l'unanimità all'interno del consesso europeo, provocando quindi una nuova spaccatura nel Vecchio continente che potrebbe "frantumare" la già fragile unità del blocco. E per questo, ha detto Orban, "l'adesione dell'Ucraina all'Ue non coincide con gli interessi nazionali dell'Ungheria" in questo momento. In secondo luogo, il premier ungherese ha detto che al momento non si sa "quanto sia grande il suo territorio e quante persone ci vivono" e che non esistono "informazioni su quanti soldi riceverebbe l'Ucraina, da dove e da chi".

Alla luce di queste motivazioni, la linea del premier ungherese non è quella di porre il veto all'adesione di Kiev nel blocco europeo, ma di posticiparla, o quantomeno di stralciarla dall'agenda del prossimo vertice europei del 14 e 15 dicembre. Una scelta che per il leader sovranista non sarebbe l'abbandono delle prospettive europee dell'Ucraina, dal momento che ha anche proposto una soluzione intermedia basata su un partenariato strategico che "potrebbe durare fino a 5-10 anni, in modo da avvicinarli visto che il divario ora è troppo ampio".

Sul questo fronte, per Orban c'è poi il grande tema dello sblocco dei fondi alla stessa Ungheria. La Commissione ha congelato decine di miliardi di euro a Budapest per non avere adempiuto agli obblighi comunitari legati al rispetto dello stato di diritto. E ora, nella trattativa tra Bruxelles e il governo di Orban non può non entrare la questione dell'ok alla procedura di adesione di Kiev.

Le parole di Orban sono destinate a far discutere, e confermano da un lato la linea ungherese sempre più critica nei confronti di Bruxelles, dall'altro lato una netta divergenza in seno all'Europa orientale, dove invece negli anni scorsi regnava incontrastato il cosiddetto blocco di Visegrad. La guerra in Ucraina ha rotto questo idillio dal momento che specialmente la Polonia ha assunto una posizione nettamente intransigente con la Russia e profondamente atlantista, mentre l'Ungheria ha preferito evitare di interrompere i rapporti con Mosca ribadendo la sua ormai tradizionale posizione equilibrista. Lo si è visto, del resto, anche con l'adesione della Svezia alla Nato, su cui ancora manca proprio il semaforo verde di Budapest.

Recentemente, sul tema è tornato a parlare anche il ministro ungherese degli Esteri, Péter Szijjártó, che ha tuonato contro le sanzioni imposte dall'Occidente alla Russia. "Stiamo negoziando il dodicesimo pacchetto di sanzioni senza conoscere i danni economici che le precedenti hanno causato all'Europa". Queste le parole del ministri riportate su X da Zoltan Kovacs, portavoce di Orban.

E a Bruxelles, ha accusato alcuni governi europei di "proposte che metterebbero a rischio la sicurezza energetica di altri".

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