
Gli elettori polacchi si sono recati oggi alle urne per il decisivo ballottaggio delle elezioni presidenziali, che ha visto contrapposti due candidati emblematici della frattura ideologica del Paese: il sindaco di Varsavia Rafał Trzaskowski (53 anni, candidato filoeuropeista di Piattaforma civica, il partito di Donald Tusk), e lo storico conservatore Karol Nawrocki (42 anni, presentatosi con una lista indipendente appoggiata dal Pis).
Il confronto, molto serrato secondo gli ultimi sondaggi, ha assunto una rilevanza che ha travalicato i confini nazionali, coinvolgendo anche i delicati equilibri dell’Unione Europea e della NATO, di cui la Polonia è membro strategico. I seggi hanno chiuso alle 21.00, dopo una giornata caratterizzata da alta partecipazione e un clima teso ma ordinato. Secondo i sondaggi in uscita alle ore 21:00, l'affluenza alle urne per il secondo turno delle elezioni è stata del 71,7%. Secondo i dati della Commissione elettorale nazionale, alle ore 12.00 l'affluenza alle urne era, invece, al 20,28%.
In un primo momento Trzaskowski aveva registrato un vantaggio minimo di 0,6 punti percentuali su Nawrocki - secondo l'exit poll condotto da IPSOS. I due candidati sono rimasti tutta la notte in un limbo di differenze percentuali minime, fino a quando le cifre non si sono stabilizzate: Nawrocki vince con il 50,89% dei voti (10.606.628), mentre il suo rivale si è fermato al 49,11% (10.237.177 voti).
La posta in gioco va ben oltre la presidenza: l’esito delle urne potrebbe ridefinire il ruolo della Polonia in Europa e nel mondo. Trzaskowski, ex europarlamentare e volto del rinnovato centro liberale, era intenzionato a sbloccare le riforme congelate dal veto del presidente uscente Andrzej Duda, restituendo al Paese un percorso più conforme alle richieste di Bruxelles.
Dall’altra parte, Nawrocki incarna la continuità con la stagione del PiS: nazionalismo, tradizione cristiana, scetticismo verso l’Ue e un orientamento filo-Trump in politica estera. Contrario all’ingresso dell’Ucraina nella NATO, ha già evocato la possibilità di elezioni anticipate per minare il governo progressista in carica.