Il ritiro di Biden, il piano del Gop e i media: perché ora negli Usa cambia tutto

Il passo indietro di Biden potrebbe far risalire le chance dei democratici a novembre? Quattro ragioni che fanno della scelta del presidente una mossa-potenzialmente-vincente, anche se tardiva

Il ritiro di Biden, il piano del Gop e i media: perché ora negli Usa cambia tutto

La storia, questa sera (primo pomeriggio sulla East Coast), ha subito una poderosa sterzata. Il ritiro di Joe Biden dalla corsa per le elezioni Usa-sperato, richiesto, preteso, invocato ora è realtà. Una mossa che ora costringerà entrambi i due partiti a un re-start della campagna elettorale: se in casa Gop c'è un avversario che è mutato di colpo, ad appena una settimana dall'attentato a Donald Trump, al quartier generale democratico c'è una storia tutta nuova da scrivere.

Difficile prevedere, a così poca distanza dalla mossa del presidente degli Stati Uniti, gli effetti che questa potrebbe avere sull'elettorato e le relative scelte di voto. Certo è che, se questa mattina la vittoria repubblicana appariva scontata e umiliante, ora forse, ribadiamo, forse, gli esiti potrebbero prendere un'altra piega. E sono almeno quattro i fattori, ingeneratisi dalla mossa di Biden, che potrebbero tradursi in effetti positivi sul voto democratico.

Il terremoto (anche) in casa Gop

Da più di quattro anni, Trump ha avuto un unico bersaglio e nemico da battere: Joe Biden. L'uomo che gli avrebbe soffiato la Casa Bianca, implicato in affari sporchi, compromesso con il caso del figlio, perennemente inadatto e gaffeur. "Sleepy Joe" lo ha definito fin dagli albori della loro rivalità: gli inciampi di Biden sono stati in questi anni un terreno fertile sul quale costruire la figura di un presidente sul viale del tramonto, inaffidabile, impreparato, dal 2020 fino al disastroso dibattito di Atlanta. "È il peggior presidente nella storia del nostro Paese, e passerà alla storia come il peggiore per distacco", ha tuonato il tycoon commentando alla Cnn il ritiro dalla corsa elettorale del suo avversario. Non solo, ma Trump ha detto di ritenere che anche la vicepresidente Kamala Harris sarà più facile da sconfiggere di quanto lo sarebbe stato Biden.

Ne siamo sicuri? Certo è che il terremoto in casa dem avrà uguali ripercussioni in casa Gop. Significa ricalibrare linguaggi e strategie: di fronte Trump non avrà più il claudicante e smemorato Joe, ma una donna ancora giovane, energica, preparata, con un cursus honorum di tutto rispetto. Di prove di oratoria tagliente Harris ne ha date numerose in passato, sebbene i suoi indici di gradimento non siano mai stati alle stelle, viziati anche dal giudizio su Biden. Ma sarà di certo molto difficile usare contro Harris la medesima strategia da bullo utilizzata con Biden.

Le potenzialità di Kamala Harris

Come raccontavamo da queste colonne negli scorsi giorni, Kamala Harris ha un curriculum di tutto rispetto. Figlia di attivisti per i diritti civili, avvocato, ex procuratore distrettuale di San Francisco, specializzata in casi legati alla violenza sessuale su minori, ex Procuratore generale della California, dove ha supervisionato il più grande dipartimento di Giustizia del Paese. Infine, senatrice dal 2017. Un curriculum che scotta, trattandosi di un profilo da giurista, e che Harris utilizzerà di certo contro gli scheletri nell'armadio di Trump.

Dalla sua, inoltre, ha la propria storia personale di donna nera candidata al più alto scranno del Paese: si tratta di capire quanto di questo lato personale Harris sarà in grado di mettere all'interno della propria campagna, facendo leva sulla retorica del sogno che avrebbe costituito un ottimo potenziale anche nel caso di Michelle Obama. Ovviamente da sola non può bastare, ma si tratta di uno strumento potente in grado di portare disillusi, giovani, neri e ispanici al voto in massa. Con esiti imprevedibili.

Stesse categorie che Biden ha rischiato di perdere. Senza dimenticare i dossier caldi come aborto e immigrazione, sui quali Harris potrebbe esporsi molto più di quanto abbia fatto pavidamente Biden: la vicenda del confine meridionale, del resto, è stata la grande patata bollente che la Casa Bianca le ha scaricato addosso; sull'aborto, invece, Harris ha più volte denunciato la crisi sanitaria ingeneratasi dalla decisione della Corte, spostando il dibattito sulla libertà personale e non meramente sulle questioni legate alla salute della donna.

Il gesto "da patriota" di Biden

C'è una parola che ricorre nei discorsi dei democratici, finalmente "liberi" dal macigno Biden: "patriota". Un appellativo molto utilizzato (e abusato) nel linguaggio comune americano, ma che nel tempo è diventato decisamente appannaggio del Gop. Il suo utilizzo per descrivere Biden appare cosa insolita, eppure il lemma corre, dai social alla stampa, passando per i microfoni della grandi emittenti. Il gesto del comandante in capo che lascia, ammettendo i suoi anni e i propri limiti, sembra far guadagnare a Biden e ai democratici una certa rispettabilità. Certo, andava fatto prima, molto prima. E per paradosso, magari già quattro anni fa, quando Biden presentava giù le stesse difficoltà di oggi.

Sarà interessante notare come tutto questo potrebbe tradursi in voti: nelle scorse ore, abbiamo raccontato dello spot Pass the torch trasmesso sulla Msnbc durante "Morning Joe". Nello spot sono presenti diverse persone che parlano direttamente alla telecamera ringraziando Biden per aver sconfitto Trump nel 2020, chiedendogli di fare spazio a un candidato che possa portare nuova energia al partito. "Presidente Biden, hai salvato la democrazia nel 2020. Ora hai la possibilità di farlo di nuovo. E' tempo di passare il testimone e di farci scegliere un nuovo candidato. Uno che possa portare nuova energia, nuova speranza e assicurarsi che Donald Trump non si avvicini mai più alla Casa Bianca. Il futuro del nostro Paese è nelle tue mani. Quindi, per favore, sii il leader che sappiamo che sei", afferma lo spot. Tardivamente, Biden ha accolto l'appello. Questo pagherà?

Il circo mediatico delle prossime settimane

A pochi secondi dall'attentato a Trump, la prima equazione a cui pensare è stata un'ipoteca sulla vittoria. Cosa può funzionare più dell'immagine del redivivo e del martire? Sarebbe stato difficile immaginare qualcosa di talmente distraente da offuscare la rinnovata popolarità di Trump dopo i fatti di Butler. Invece, una settimana dopo, il caso sembra già essere archiviato dalle rotative. Ora l'attenzione è tutta sulle mosse democratiche e sui primi passi da candidata di Kamala Harris: un politico di cui sappiamo alcuni dettagli ma che nessuno ha mai visto all'opera in prima linea.

Si sprecheranno pagine e pagine nelle prossime settimane a proposito dell'unica vera novità di questa campagna elettorale: che piaccia o meno, Harris è l'unico volto nuovo che tutti chiedevano a gran voce fin dalle elezioni di metà mandato che avevano restituito le doléances dell'elettorato, desideroso di non stare nè Biden nè con Trump.

Potrà l'attenzione mediatica rimpolpare la fame di voti e risvegliare i donatori? In potenza, sì. E poi c'è l'appuntamento con il dibattito di settembre, che dovrebbe essere confermato. Ma ancora prima c'è la convention che, almeno sulla carta, non dovrebbe riservare sorprese.

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