Quei crimini di guerra e le accuse a senso unico

Quando i conflitti assumono questo significato escatologico, questo «o noi o loro», sono i civili specialmente se usati come scudi umani - a pagare il più ingiusto prezzo

Quei crimini di guerra e le accuse a senso unico
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Che lo scontro (ormai chiaramente finale) tra Hamas e Israele si sarebbe manifestato come qualcosa di diverso dai ricorrenti conflitti attorno alla Striscia lo si era capito già nelle prime ore dello scorso 7 ottobre. Quel giorno Hamas non aveva condotto una «normale» azione militare, peraltro pianificata da tempo con i suoi mandanti iraniani, ma un vero e proprio pogrom su larga scala, un eccidio di civili scannati e abusati in ogni modo perversamente immaginabile solo in quanto ebrei.

Era inevitabile e certamente messo in conto dai suoi perpetratori che tale scatenamento di brutalità avrebbe avuto come conseguenza una reazione durissima da parte di Israele, messo di fronte a una sfida alla propria stessa sopravvivenza. E quando i conflitti assumono questo significato escatologico, questo «o noi o loro», sono i civili specialmente se usati come scudi umani - a pagare il più ingiusto prezzo. Discende da qui la minacciata ricaduta legale cui stiamo assistendo in queste ore. Accuse reciproche di crimini di guerra, chiamate in causa della Corte Penale Internazionale. Da parte israeliana l'hanno fatto rivolgendosi a un celebre avvocato francese diverse famiglie di vittime dell'attacco di Hamas: chiedono che nei confronti dei capi dell'organizzazione fondamentalista islamica sia spiccato un mandato di arresto internazionale per chiamarli a rispondere in tribunale «dell'esecuzione di un dichiarato progetto di genocidio», da loro stessi «mai smentito e anzi ampiamente diffuso e documentato».

Dall'altra parte, si sono esposti il presidente turco Erdogan (quello che aveva difeso come «liberatori della Palestina» i macellai di Hamas) e il ministro degli Esteri giordano Safadi, accusando Israele di commettere a Gaza crimini di guerra, bombardando e assediando civili.

«Preoccupazioni» simili erano arrivate mercoledì scorso anche dall'ufficio dell'Onu per i diritti umani (Ohchr), e considerato che dall'altro ieri il Forum sociale del Consiglio dell'Onu per i diritti umani è presieduto da un iraniano, sorgono i peggiori pensieri sull'obiettività e utilità di certe istituzioni.

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