
"Miei compatrioti, il nostro amato Iran è stato trascinato in un conflitto devastante, il cui artefice non è altro che Ali Khamenei e la sua fazione corrotta e distruttiva […] Questo regime è sconfitto, sull'orlo del collasso, e non gli si deve permettere di continuare. È giunto il momento di porre fine a questa rovina e di iniziare una nuova era per l'Iran. Questa è una nuova alba per il Leone e il Sole dell'Iran". Questo è solo un passaggio del lungo intervento di Reza Pahlavi, il figlio in esilio dell’ultimo Scià iraniano che si è offerto come leader ad interim per assumere la guida di Teheran durante la transizione dalla dittatura.
Definito dai suoi sostenitori il “principe ereditario dell’Iran”, Reza Pahlavi ha lanciato un appello alla comunità internazionale affinché metta fine al regime teocratico dell'ayatollah Ali Khamenei. Ha affermato di essere al lavoro per una nuova "piattaforma sicura" per i dissidenti e gli oppositori interni del regime, al fine di coordinare i loro sforzi per rovesciare la dittatura e avviare il Paese verso un futuro "libero e democratico". "Siamo un popolo orgoglioso, antico e resiliente" ha dichiarato il 64enne nel corso di una conferenza stampa a Parigi: "Ai miei compatrioti: questo è il nostro momento. Sono con voi. Costruiamo insieme questo nuovo Iran".
Chi è Reza Pahlavi
A proposito del futuro dell’Iran, negli ultimi giorni si è parlato anche di un ritorno dello Scià. Ovviamente non si tratta di Mohammad Reza Pahlavi, morto nel 1980, ma del figlio maggiore Reza Pahlavi, che vive da decenni in esilio negli Stati Uniti. Il 64enne è il punto di riferimento del popolo iraniano che ricorda l’era del padre come un periodo di progresso e stabilità: in altri termini, il figlio è considerato la perfetta alternativa al regime degli ayatollah, simbolo dell’unità nazionale. Ma c’è anche un’altra fetta di società, in particolare le nuove generazioni, che lo considera il prodotto di un’operazione imposta dall’esterno, un punto di riferimento di un potenziale governo “fantoccio”. In particolare, sono stati criticati aspramente il suo nazionalismo e i suoi rapporti con Israele.
Figlio primogenito di Farah Diba e di Mohammad Reza Pahlavi, il 64enne è tornato a rilasciare dichiarazioni subito dopo l’inizio dell’attacco di Israele e ha definito la Repubblica islamica “sull’orlo del collasso”, con Khamenei nascosto come un “topo spaventato”. Reza Pahlavi ha invitato il popolo a scendere in piazza contro il regime, lanciando messaggi anche al personale militare e di sicurezza. Via dall’Iran dal 1979, non ha mai fatto ritorno in patria ma ha continuato a combattere dall’esilio contro il regime teocratico. Emblematica la promozione dei diritti umani e della sovranità popolare, senza dimenticare la netta separazione tra religione e Stato.
Nella conferenza stampa tenuta oggi a Parigi, Reza Pahlavi ha invocato un Iran laico e democratico, proponendo come guida “lungo questa
strada verso la pace e la transizione democratica”. Ha precisato di non cercare potere politico, ma di voler “aiutare la nazione ad attraversare questo momento critico verso stabilità, libertà e giustizia”.