
Nessuna schiarita in Indocina dopo gli scontri che da giovedì 24 luglio hanno visto impegnati reparti degli eserciti di Thailandia e Cambogia. Dopo scambi di artiglieria e confronti diretti tra i soldati, il governo di Bangkok ha deciso di evacuare 138mila civili dai sei villaggi nella zona disputata tra i due paesi e dichiarare la legge marziale nei distretti vicini al confine. Il bilancio degli scontri sarebbe di quindici morti in Thailandia ed un cambogiano in una zona diversa ma è difficile avere informazioni precise a riguardo. Gli scontri, dovuti ad una disputa territoriale risalente al 1904, quando la Cambogia era parte dell’Impero Francese, hanno visto Phnom Penh accusare la Thailandia di usare munizioni a grappolo. Delle ultime ore il rifiuto da parte di Bangkok della mediazione Usa, cosa che fa temere l’inizio di una vera e propria guerra tra le due nazioni.
Rischio escalation concreto
Il confronto armato tra i due paesi asiatici sta vivendo un’escalation preoccupante, con i combattimenti che, nella giornata di venerdì, hanno coinvolto 12 diverse cittadine lungo il confine contestato, allargando l’area del conflitto. A far esplodere la tensione tra i due paesi gli incidenti nella provincia di Surin, dove si trova il tempio induista Khmer Ta Muen Thom, affidato alla Cambogia ad inizio secolo ma che la Thailandia continua a ritenere parte del suo territorio. Secondo Bangkok, gli attacchi delle truppe cambogiane sarebbero stati diretti a colpire le comunità thailandesi al confine, come nel caso dell’attacco ad un minimarket a 20 chilometri dal confine che ha visto la morte di sei civili ed il ferimento di altri 14. Il primo ministro di Phnom Penh Hun Manet ha chiesto una riunione d’urgenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni unite per condannare le “gravissime aggressioni da parte della Thailandia che hanno minacciato la pace e la stabilità nella regione”.

Se la Cambogia parla di “aggressione militare non provocata”, la Cina aveva invitato i propri cittadini ad evitare le zone vicine al confine. Nella giornata di venerdì l’esercito thailandese ha pubblicato il video di un attacco da parte di un drone contro un deposito di armi cambogiano, chiaro segnale che non si tratta di semplici scaramucce di confine. Particolare sensazione ha causato la foto pubblicata sul profilo Facebook dell’ex premier cambogiano Hun Sen, uomo forte dai modi sbrigativi che ha dominato per 40 anni, mentre esamina mappe militari nonostante abbia lasciato il governo al figlio due anni fa. La foto, subito cancellata, ha causato scandalo a Bangkok, dove i rapporti troppo stretti tra l’ex premier thailandese Shinawatra e l’ex numero uno cambogiano durante una telefonata avevano fatto scattare un’inchiesta, conclusa nella destituzione della premier lo scorso 1 luglio. Una situazione già molto tesa che rende quanto mai complicata una risoluzione pacifica e molto reale il rischio di guerra.
Thailandia: “Niente mediazione”
Mentre gli scambi di artiglieria e le incursioni continuano al confine, si stanno moltiplicando gli sforzi per giungere ad una risoluzione pacifica del conflitto. Nella giornata di venerdì, secondo quanto riportato dalla Reuters, due ufficiali del governo di Bangkok hanno respinto al mittente le proposte di mediazione presentate da varie nazioni, dichiarando che solo negoziati bilaterali potranno riportare la calma lungo il confine. Offerte erano arrivate nella serata di giovedì da parte dei governi di Stati Uniti, Cina e Malesia, presidente dell’Asean, l’organizzazione di cooperazione regionale dell’Indocina. Il portavoce del ministero degli esteri Nikorndej Balankura, intervistato dal corrispondente dell’agenzia inglese, ha dichiarato che “non penso abbiamo bisogno ancora di una mediazione esterna”. Più diplomatica la risposta del vice ministro agli esteri Jalichandra: “apprezziamo l’offerta e non escludiamo categoricamente di accettare l’aiuto di un paese terzo ma al momento pensiamo che le possibilità di un accordo bilaterale non siano del tutto esaurite”.

Le dichiarazioni arrivano dopo che la proposta di mediazione presentata giovedì sera dal primo ministro malese Anwar Ibrahim ad entrambi i paesi sembrava aver fatto qualche passo avanti. Secondo quanto pubblicato sui propri canali social dal primo ministro cambogiano Hun Manet, la proposta di cessate il fuoco malese era stata accettata dai due paesi ma la Thailandia ha poi cambiato idea. Mentre continuano a volare le accuse reciproche, la posizione del governo di Bangkok sembra chiara: prima di aprire una trattativa ufficiale, le truppe cambogiane devono interrompere gli attacchi lungo il confine. Secondo il portavoce Balankura, “le porte per la trattativa sono ancora aperte” ma la retorica sempre più aspra e l’impiego di armi sofisticate negli scontri fanno temere che una soluzione pacifica del conflitto non sia dietro l’angolo.
Fonti delle Nazioni Unite hanno annunciato che il Consiglio di Sicurezza terrà una sessione a porte chiuse sull’argomento nella serata di venerdì ma in entrambi i paesi la tensione rimane alle stelle.