
Il presidente degli Stati Uniti resta fermo sulla linea di mantenere un dazio di base del 10% non solo nei confronti del Regno Unito, ma anche come parametro iniziale nei negoziati commerciali con tutti i partner internazionali. Lo ha dichiarato la portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, nel corso di un briefing con i giornalisti, aggiungendo che "il presidente è determinato a mantenere questa misura e ne ho discusso personalmente con lui poco fa".
Interrogata sulla possibilità che i dazi possano restare in vigore anche dopo eventuali accordi bilaterali, Leavitt ha ribadito l’intenzione dell’amministrazione di non procedere ad alcuna riduzione unilaterale, in particolare nei confronti della Cina, sottolineando la necessità di "concessioni concrete da parte di Pechino". Questo tema sarà centrale durante l’incontro bilaterale in programma nel fine settimana in Svizzera tra le delegazioni di Stati Uniti e Cina — il primo round di colloqui ad alto livello dall’inizio della nuova fase della guerra commerciale. Leavitt ha confermato che il segretario Bessent guiderà la rappresentanza statunitense. Quanto alla possibilità di una riduzione dei dazi fino all’80%, Leavitt ha precisato che si tratta di una proposta lanciata dal presidente Trump: “È un numero messo sul tavolo, vedremo come si evolveranno le discussioni nei prossimi giorni”.
Trump continua a scommettere sull'efficacia delle tariffe come strumento di pressione economica, sostenendo che la sproporzione commerciale tra Stati Uniti e Cina — tre a uno a favore di Pechino — significhi che la Cina abbia di più da perdere in un conflitto commerciale. "Se infliggiamo abbastanza danni", è la logica del presidente, "saranno costretti a cedere". Lo scorso mese, Trump ha innalzato le tariffe sulle importazioni cinesi al 145%, puntando a forzare un compromesso da parte di Pechino. Il segretario al Tesoro ha paragonato la posizione negoziale della Cina a una mano debole nel poker: “Stanno giocando con una coppia di due” ha dichiarato. Ma la risposta cinese è stata tutt’altro che remissiva. "Tutti i prepotenti sono tigri di carta", ha affermato il Ministero degli Esteri cinese in un video diffuso la scorsa settimana. "Inginocchiarsi invita solo a nuovi soprusi".
Con scambi bilaterali che nel 2024 hanno superato i 660 miliardi di dollari, la posta in gioco tra le due superpotenze economiche è elevata. Bessent, insieme al capo negoziatore Jamieson Greer, è in viaggio verso la Svizzera. In un post su Truth Social, Trump ha rilanciato: “80% di dazio sembra giusto! Deciderà Scott”. Tuttavia, secondo Craig Singleton, esperto di Cina presso la Foundation for Defense of Democracies, “questi sono colloqui preliminari. Pechino potrebbe essere lì per valutare l’atmosfera più che per negoziare seriamente. Non c’è una roadmap condivisa né una strategia concreta per ridurre le tensioni”.
Un allentamento delle tariffe favorirebbe sia le imprese americane sia quelle cinesi, che stanno subendo l’impatto di una guerra commerciale sempre più lunga. Ma le aziende su entrambi i fronti non possono più permettersi di aspettare.
Ma i rischi restano: la Cina potrebbe ritirarsi dai negoziati se dovesse percepire un trattamento ineguale o un’assenza di volontà americana a fare il primo passo. Le divergenze emergono già sulla natura dell’incontro: per Pechino, è stato richiesto da Washington; Trump ha smentito: “Dovrebbero rileggere i loro appunti”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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