
Correva l'anno 1961. I consiglieri del giovane e inesperto presidente Kennedy cercarono invano di convincerlo a non incontrare a quattr'occhi Nikita Kruscev: è una vecchia volpe, gli spiegarono, ti venderà un sacco di fumo, ma vuole vederti solo per leggerti negli occhi e capire quali e quanti rischi sei disposto a correre nel braccio di ferro con il Cremlino. Non ci fu niente da fare: JFK volle e ottenne il faccia a faccia, che si svolse a Vienna a inizio maggio. Il leader sovietico, che era sopravvissuto alle purghe di Stalin e aveva liquidato avversari interni del calibro di Berija, credette di capire che Kennedy fosse non solo inesperto ma anche molle e decise di lanciare un'azzardata operazione che per poco non innescò la terza guerra mondiale: schierò a Cuba, a cento miglia dalla Florida, batterie di missili con testata atomica. Solo una reazione decisa della Casa Bianca e un compromesso a quel punto inevitabile evitarono il peggio.
In quello che sembra un inquietante parallelo, il kruscev di oggi Vladimir Putin si è ormai convinto che l'attuale presidente americano Donald Trump non farà nulla di concreto per aiutare l'Ucraina, e forse neanche l'Europa. Dopo lo sciagurato vertice di Ferragosto in Alaska, sostengono fonti vicine al Cremlino a Bloomberg, non è affatto un caso che Putin abbia aumentato a livelli record la violenza
della sua aggressione a Kiev. Questo comportamento non sarebbe che la diretta conseguenza del faccia a faccia, con tanto di tappeto rosso srotolato ad Anchorage e giro senza testimoni sulla macchinona blindata di Donald.
È sempre più evidente che con Putin Trump non va mai al di là di generiche (e imbarazzanti) deplorazioni verbali: e Putin ormai ha capito, senza nemmeno poter escludere che Trump gli abbia perfino dato un esplicito via libera, che la strada migliore per conseguire il suo obiettivo ai danni dell'Ucraina è una selvaggia escalation, per poi presentarsi (così lui spera) a un futuro tavolo di pace da vincitore. Nelle sempre poco elaborate dichiarazioni trumpiane, il concetto che quella in Ucraina «non è una nostra guerra» viene sempre ribadito, stroncando regolarmente le speranze (meglio dire le illusioni) di chi vorrebbe vedere gli Usa chiaramente schierati a difesa di Kiev. Trump lo ha detto anche durante la sua conferenza stampa di pochi giorni fa al premier britannico Keir Starmer («Un intero oceano ci separa», per altro lo stesso che lo separa anche da Israele che viene trattato ben diversamente).
E che l'ormai sempre più virtuale alleato Usa abbia ben poco a cuore i destini dell'Europa lo dimostra anche un'altra notizia segnalata dal sito americano Politico: il Pentagono ha cominciato a centellinare la vendita di armi agli europei. La preoccupante novità è emersa inizialmente in relazione allo stop alla cessione alla Danimarca di sistemi difensivi antimissile Patriot, che erano parsi già finalizzati. Se questo poteva essere letto come uno sgarbo a Copenaghen per il suo rifiuto di acconsentire alle incredibili pretese di Trump sulla Groenlandia, successive
informazioni confermate dallo stesso numero due del Pentagono hanno meglio chiarito la situazione. Esiste da parte dell'amministrazione una precisa volontà di limitare al minimo, se non addirittura di bloccare per un periodo imprecisato, la vendita agli europei di armamenti in generale, e di sistemi Patriot in particolare.
Questo stop viene giustificato con una presunta carenza di disponibilità, a fronte di piani di guerra americani che riguardano altri teatri considerati prioritari: Medio Oriente e Cina in primo luogo. È il caso di ricordare che questo avviene proprio mentre la Russia di Putin sta incrementando le sue provocazioni ai confini orientali europei. È molto difficile credere che a Washington non si rendano conto delle implicazioni che queste loro mosse possono avere sulle decisioni di Putin (e qui si ritorna ai vertici di Vienna e in Alaska) e quindi sulla sicurezza europea. È infatti ben noto che l'Europa - per nostra grave miopia politica - non si trova oggi in condizione di difendersi da sola efficacemente senza un sostegno americano. Per questo è in fase di avvio un indispensabile piano di riarmo, che richiede però tempo. In questa fase, un possibile rifiuto di aiutarci a tenere a bada la minaccia putiniana equivale a un tradimento.
Perpetrato ai danni di alleati che a suo tempo non esitarono a versare sangue per gli Stati Uniti in Irak e in Afghanistan quando questi furono aggrediti dal terrorismo islamico. C'era una volta la Nato? Pare proprio così.