
La morte in carcere di Jeffrey Epstein nel 2019 - un suicidio secondo la versione ufficiale, un assassinio per nascondere inconfessabili segreti e presunti legami tra l'ex finanziere e la sinistra Usa secondo i cospirazionisti del mondo Maga - continua ad agitare Washington e dintorni. Il caso, cavalcato dagli uomini di Donald Trump durante la campagna elettorale, negli ultimi giorni ha cominciato a ritorcersi proprio contro il tycoon, il quale poche ore fa ha risposto a muso duro alle accuse sollevate dalla sua base circa un possibile insabbiamento della vicenda.
"La sinistra radicale democratica ha fatto centro, ancora una volta!", ha scritto Trump in un post sul suo social Truth precisando che "la loro nuova truffa è quella che chiameremo per sempre la bufala Jeffrey Epstein, e i miei ex sostenitori hanno abboccato a questa stronzata, con l'amo, la lenza e il piombo". Il capo della Casa Bianca ha affermato che ha avuto "più successo in sei mesi che forse qualsiasi altro presidente nella storia del nostro Paese, e tutto ciò di cui queste persone vogliono parlare, con la forte spinta delle fake news e dei democratici affamati di successo, è la bufala di Jeffrey Epstein". Il post si conclude con un eloquente messaggio al popolo Maga: "lasciate che questi deboli continuino a fare il gioco dei democratici, non pensate nemmeno di parlare del nostro successo incredibile e senza precedenti, perché non voglio più il loro sostegno! Grazie per l'attenzione. Make America great again!".
Per comprendere come si è arrivati all'acceso sfogo del tycoon, è necessario fare un passo indietro. Dopo aver infatti alluso all'imminente pubblicazione dei file contenenti la lista dei clienti del magnate accusato di traffico e abusi sessuali su minori, la procuratrice generale Pam Bondi ha di recente negato la loro esistenza incendiando una parte della base repubblicana e sollevando perplessità tra alcuni esponenti del partito dell'elefante. A seguito di questa decisione, la settimana scorsa si è appreso dello scontro sulla gestione del caso Epstein tra il numero due dell'Fbi, Dan Bongino, arrivato ad un passo dalle dimissioni, e la responsabile del dipartimento di Giustizia.
Trump non si è limitato a commentare la vicenda solo nel post su Truth. Nel corso dell'incontro nello Studio Ovale con il principe ereditario del Bahrein, Salman bin Hamad Al Khalifa, il tycoon ha ribadito che il caso Epstein è stato "avviato dai democratici" ed è una "grande bufala". "Alcuni repubblicani stupidi e sprovveduti cadono nella rete e cercano di fare il lavoro dei democratici; sono persone stupide", ha rimarcato il presidente Usa. Quanto alla procuratrice generale, The Donald ha detto che Bondi sta facendo "un ottimo lavoro" e "se troverà altre informazioni credibili le fornirà". Trump ha inoltre sostenuto che la sua fedelissima ha "problemi più importanti" su cui lavorare e ha citato l'impegno della sua presidenza nell'espulsione dei criminali che si trovano illegalmente negli Stati Uniti.
Se le parole del commander in chief metteranno a tacere la tempesta politica resta tutto da vedere. Nel frattempo però si segnalano alcune crepe importanti nella coalizione Maga. Nelle scorse ore lo speaker repubblicano della Camera Mike Johnson, solitamente in sintonia con le posizioni del leader Usa, ha affermato che i file di Epstein vanno "pubblicati in modo che siano gli americani a decidere". Anche Lara Trump, la nuora del presidente, ha esortato ad una maggiore trasparenza. Al Congresso, mentre i democratici cercano di capitalizzare sulle polemiche, un deputato del Gop, Thomas Massie, spesso contrario ai provvedimenti di Trump, punta a far votare alla Camera una misura che obblighi la pubblicazione di tutti i documenti sull'ex finanziere.
A preoccupare l'amministrazione statunitense sono infine le dichiarazioni dell'attivista di destra Laura Loomer che in un'intervista ha messo in guardia The Donald: la gestione del dossier Epstein può "consumare" la presidenza. Un avvertimento che alla Casa Bianca non sarà passato inosservato.