Guerra in Ucraina

Ucraina, Orban mette il veto e blocca 50 miliardi di aiuti europei

Trattative rimandate al Consiglio straordinario di gennaio. Il premier ungherese: "Torneremo sulla questione l'anno prossimo, dopo un'adeguata preparazione"

Ucraina, Orban mette il veto e blocca 50 miliardi di aiuti europei

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Ucraina, Orban mette il veto sul bilancio Ue: cos'è successo al Consiglio europeo

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Niente da fare per l'Ucraina: dopo aver strappato nel pomeriggio di ieri l'avvio dei negoziati per l'adesione all'Unione europea, Kiev non riceverà nuovi fondi europei. L'accordo, discusso fino a tarda notte, è saltato per via dell'opposizione del primo ministro ungherese Viktor Orbán, che ha rivendicato il veto bloccando ben 50 miliardi di euro. "Veto per i soldi extra all'Ucraina, veto per la revisione del Quadro finanziario pluriennale. Torneremo sulla questione l'anno prossimo in sede di Consiglio europeo, dopo un'adeguata preparazione", ha tirato dritto il premier di Budapest in un breve messaggio pubblicato sui social.

Il rinvio delle trattative al meeting in programma nei primi mesi del 2024 è stato annunciato anche dal presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, il quale ha rilasciato alcune dichiarazioni alla stampa verso le 3.00 di notte. "L'accordo – ha detto Michel – sulla revisione del bilancio Ue è stato sostenuto da 26 leader ma un altro leader non lo ha fatto, torneremo dunque sulla questione all'inizio del prossimo anno e tenteremo di trovare l'unanimità".

I lavori dei 27 rappresentanti a Bruxelles si chiuderanno oggi, venerdì 15 dicembre, con i seguenti temi all'ordine del giorno: Medio Oriente, migrazione e lotta all'antisemitismo. Orbán, che aveva preannunciato la contrarietà del suo governo all'assistenza all'Ucraina, aveva deciso di lasciare la riunione al momento della votazione, consentendo ai 26 di raggiungere l'unanimità.

Sul bilancio comunitario, invece, le perplessità persistono. I capi di Stato e di governo, dopo le pressioni dei cosiddetti Frugali, si sono accordati su una proposta di 21 miliardi di euro – di cui 9,6 da spendere in migrazione – un terzo di quanto inizialmente richiesto dalla Commissione europea. Secondo fonti europee, il prossimo vertice dovrebbe essere convocato tra gennaio e febbraio del 2024. "C'è un'intesa tra i 26 sulla proposta, stiamo solo aspettando l'ok del parlamento svedese. C'è un solo Paese contrario", hanno spiegato le fonti secondo le quali anche l'Italia concorda sulla bozza di proposta ma è possibile che nel nuovo vertice previsto nel 2024 si parli nuovamente di fondi per la migrazione.

Oltre ai negoziati sul quadro finanziario pluriennale 2021-2027, un'opzione tenuta da parte dagli Stati membri per bypassare l'ostruzionismo di Orbán sull'Ucraina sarebbe quella di scorporare gli aiuti tramite l'istituzione di un fondo apposito sostenuto da tutti i Paesi.

La data di ieri passerà comunque alla storia per la decisione sull'allargamento che ha riguardato anche la Moldavia e la Georgia, a cui è stato concesso lo status ufficiale di candidata. L'ok ai negoziati di adesione sarebbe arrivato grazie soprattutto all'iniziativa del cancelliere tedesco Olaf Scholz: secondo quanto riportato dal sito Politico, Scholz avrebbe invitato il suo omologo ungherese a uscire dalla sala dando così il via libera agli altri leader.

Orbán è comunque intervenuto subito dopo pubblicando un breve filmato sui suoi canali social, precisando di non aver voluto "far parte di questa cattiva decisione". Mercoledì la Commissione europea aveva autorizzato l'erogazione di 10 miliardi di euro da destinare a Budapest. Questi fondi di coesione erano bloccati dal 2022: l'Ue aveva legato tale stop alla violazione dello stato di diritto che sarebbe in atto in Ungheria. Il capo dell'esecutivo ungherese chiede però che vengano sbloccati tutti i contributi per il suo Paese in cambio degli aiuti all'Ucraina. "Ho sempre detto che se qualcuno vuole modificare il bilancio, allora è una grande opportunità per l'Ungheria per chiarire che deve ottenere ciò a cui ha diritto.

Non la metà, o un quarto" ha detto il primo ministro in un'intervista a Kossuth Radio.

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