
È una scena che richiama tempi di guerra, non un ordinario lunedì americano. Le strade di Los Angeles, invase dai mezzi blindati della Guardia Nazionale e pattugliate da uomini in mimetica, sembrano uscite da un conflitto interno. Sotto un cielo saturo di fumo e sirene, la popolazione protesta. Sembrano quei giorni del 1992, quando la città degli Angeli si infiammò l’ultima volta.
Altri 2700 uomini a Los Angeles
La miccia è esplosa dopo che l’amministrazione Trump ha dato il via a una nuova serie di raid dell’ICE, l’agenzia federale per l’immigrazione, colpendo quartieri popolari e luoghi di lavoro. In risposta, decine di migliaia di cittadini si sono riversati nelle strade – non solo a Los Angeles, ma anche a San Francisco, New York, Seattle, Atlanta, Dallas e Louisville. Secondo la CNN, le autorità hanno effettuato numerosi arresti: oltre 150 solo a San Francisco. E mentre la protesta monta, il presidente Donald Trump ha ordinato l’invio di altri 2.000 membri della Guardia Nazionale a Los Angeles, raddoppiando il contingente già presente dal weekend. A loro si sono aggiunti 700 Marines, con il compito dichiarato di proteggere il personale e le infrastrutture federali.
Intanto, il nuovo ambasciatore statunitense in Messico, Ronald Johnson, ha criticato l'uso di bandiere straniere - come quella messicana - durante le proteste di Los Angeles e altre città americane. "Le nostre bandiere rappresentano l'identità nazionale, l'orgoglio e i valori condivisi, non la divisione o l'illegalità. Esporre una bandiera straniera mentre si attaccano le forze dell'ordine statunitensi e si distruggono proprietà pubbliche o private non fa che danneggiare una relazione bilaterale che opera congiuntamente per rendere tutti i nostri cittadini più sicuri e prosperi", ha scritto il diplomatico sul suo account X.
Newsom minaccia azioni legali
Per il governatore della California, Gavin Newsom, è troppo. È pericoloso. È inaccettabile. In un post sulla piattaforma X, ha denunciato che molti soldati sono stati dispiegati senza viveri, senza acqua, senza ordini chiari. “Mi è appena stato detto che Trump sta mandando altri 2.000 militari”, ha scritto. “I primi duemila? Abbandonati nei corridoi di edifici federali, senza una missione. Questo non ha nulla a che vedere con la sicurezza pubblica. È solo un modo per gonfiare l’ego di un presidente pericoloso”. Il governatore ha definito l’operazione “spericolata, inutile e irrispettosa delle nostre truppe”. E poi ha affondato il colpo: “Uno dei principi fondanti della nostra nazione è che il potere risieda in un governo civile, non militare. La Costituzione lo sancisce. E noi difenderemo quel principio in tribunale”.
Il procuratore generale dello Stato, Rob Bonta, ha infatti già avviato un’azione legale contro l’amministrazione Trump, accusando la Casa Bianca di aver “calpestato la sovranità della California”. Durante una conferenza stampa drammatica, ha dichiarato: “Non tollereremo che il presidente usi la Guardia Nazionale come una clava politica. Questo è un abuso di potere”.
Nel frattempo, la tensione in strada è esplosiva. Venerdì il fermo di David Huerta, leader sindacale dei lavoratori dei servizi (SEIU California), ha scatenato l’indignazione. Dopo un fine settimana di arresti e scontri – tra cui un manifestante accusato di aver lanciato una molotov e un altro di aver investito con una moto una fila di agenti – lunedì Los Angeles è diventata l’epicentro di un movimento sempre più deciso. Al suo rilascio su cauzione da 50.000 dollari, Huerta è stato accolto come un simbolo di resistenza.
Le autorità locali si oppongono con forza alla militarizzazione. Il capo della polizia di Los Angeles ha ammesso che l’arrivo dei Marines, non coordinato con le forze dell’ordine locali, rappresenta “una sfida logistica e operativa significativa”. Il sindaco Karen Bass ha parlato di “tentativo deliberato della Casa Bianca di creare caos nelle nostre strade”.
Il caos di questa notte
Nella serata di lunedì, cori di protesta – “Free them all!” e “National Guard go away!” – hanno risuonato tra i cordoni delle truppe armate e dei reparti della Homeland Security. A Little Tokyo, alcuni manifestanti sono stati circondati e arrestati. La polizia di Los Angeles ha allontanato la notte scorsa una troupe della Cnn dalla zona delle proteste in corso nel centro della città: tutti i membri, incluso il giornalista Jason Carroll, sono stati scortati dagli agenti con le mani dietro la schiena - ma non ammanettate - fuori dal perimetro delle manifestazioni. Lo riporta la stessa emittente tv. "È una cosa che non mi aspettavo, semplicemente perché siamo stati qui tutto il giorno. Abbiamo seguito un sacco di proteste", ha detto Carroll. "Di solito gli agenti si rendono conto che la stampa è lì a fare il suo lavoro", ha aggiunto. Ma il movimento non si è fermato: cortei hanno continuato a manifestare anche ad Austin, dove – secondo il governatore del Texas Greg Abbott – sono state arrestate più di una dozzina di persone.
La portata del dispiegamento è straordinaria. Secondo il Brennan Center for Justice, è la prima volta da decenni che la Guardia Nazionale viene inviata in uno Stato senza la richiesta del suo governatore. L’ultimo precedente risale al 1965, quando il presidente Lyndon Johnson mandò truppe in Alabama per difendere una marcia per i diritti civili.
Trump ha giustificato l’intervento con parole che hanno sollevato ulteriori polemiche: “La città sarebbe stata completamente distrutta se non fossi intervenuto”. Ma per molti americani – governanti, religiosi, cittadini comuni – ciò che è in gioco non è solo la gestione dell’ordine pubblico, ma l’anima stessa dei pesi e contrappesi.