 
Nervi sempre più tesi tra Stati Uniti e Venezuela. L'amministrazione Trump avrebbe deciso di attaccare le installazioni militari all'interno del Paese e questo potrebbe avvenire in qualsiasi momento. Lo hanno riferito al Miami Herald fonti a conoscenza della situazione. Gli attacchi pianificati, riportati anche dal Wall Street Journal, hanno come obiettivo la distruzione delle basi utilizzate dal cartello della droga Soles che, secondo gli Usa, è guidato dal presidente venezuelano Nicolas Maduro e gestito da esponenti di spicco del suo regime.
Alcune fonti hanno riferito all'Herald che gli obiettivi, che potrebbero essere colpiti per via aerea nel giro di pochi giorni o addirittura ore, sarebbero stati scelti anche per cercare di decapitare la leadership del cartello. Secondo i funzionari statunitensi l'organizzazione esporterebbe circa 500 tonnellate di cocaina all'anno, suddivise tra Europa e Stati Uniti.
"Maduro sta per ritrovarsi intrappolato e potrebbe presto scoprire di non poter fuggire dal Paese, anche se decidesse di farlo", ha detto una delle fonti. "Quel che è peggio per lui è che ora c'è più di un generale disposto a catturarlo e consegnarlo, pienamente consapevole che una cosa è parlare di morte, un'altra è vederla arrivare".
Fra i potenziali target ci sono porti e aeroporti controllati dall'esercito e usati per il trasporto della droga, ma anche strutture navali.
Gli Stati Uniti hanno mobilitato un cacciatorpediniere lanciamissili, la USS Gravely, aggravando la controversia diplomatica con Caracas sull'attività militare Usa nei Caraibi. Maduro è convinto che, con il pretesto di un'operazione antidroga, gli Usa vogliano un cambio di regime.
Secondo quanto riportato dal Center for Strategic and International Studies (CSIS), c'è il forte rischio di un'escalation militare imprevedibile. Negli ultimi due mesi gli Usa avrebbero attaccato almeno sette imbarcazioni al largo delle coste venezuelane. Tutte stavano navigando in acque internazionali.
La potenza di fuoco americana è impressionante, non appena arriverà in zona la portaerei Gerald Ford, salpata dal mare Adriatico (serviranno almeno dieci giorni di viaggio), con otto navi da guerra in totale, più tre navi di assalto anfibie e un sottomarino. Le forze Usa potrebbero disporre di più di 700 missili, oltre a circa 180 Tomahawk. L'Aeronautica militare avrebbe già inviato un altro stormo di bombardieri B-1B verso i Caraibi. "È il più grande dispiegamento navale in America Latina degli ultimi 25 anni, o forse addirittura degli ultimi 40", ha spiegato il colonnello in pensione Mark Cancian.
Nel tardo pomeriggio, però, è arrivata la smentita del presidente americano. Quando gli è stato chiesto se stesse valutando tale azione, Donald Trump ha risposto: "No".
Il suo omologo venezuelano Maduro, invece, ha scritto una lettera a Vladimir Putin chiedendogli aiuto contro i raid Usa nei Caraibi. Lo riferiscono fonti di Caracas al Washington Post secondo le quali il venezuelano avrebbe contattato anche la Cina e l'Iran. Maduro ha sollecitato assistenza militare e attrezzature per rafforzare le difese del Paese.