
Prima o poi doveva succedere. Le bugie dovevano essere smascherate, le minacce dovevano trovare risposte e le assurde pretese dovevano essere smontate. Ci è voluto più tempo del previsto ma finalmente, il castello di carta costruito da Putin e dai suoi sodali sta crollando e l'inevitabile conseguenza, è un inasprisi della situazione con un coinvolgimento più attivo, anche se non diretto, dell'unico attore in grado di fare davvero la differenza: gli Stati Uniti. E così, dopo un periodo di letargo giustificato dalla volontà di «farla finita con le buone», Donald Trump si è svegliato e dopo le minacce più o meno velate, seguite a un periodo di accondiscendenza, ha iniziato a fare sul serio con la mossa, simbolica ma potente, di spostare due sottomarini nucleari vicino alla Russia. E anche lanciando uno stringente ultimatum a Mosca.
«Se la Russia non arriverà a un cessate il fuoco entro l'8 agosto metteremo sanzioni», ha detto Trump. «Ho parlato molto con Putin e penso che abbiamo avuto un ottimo dialogo. Poi torno a casa e vedo che una bomba è stata
sganciata a Kiev e in varie città, uccidendo delle persone. Pensavo che avessimo risolto il problema... Forse lui vuole provare a prendere tutto. Penso che sarà molto dura per lui». E ancora: «Lui gestisce molto bene le sanzioni ma ne arriveranno altre», pronte soprattutto quelle secondarie, che puniscono i Paesi che continuano a fare affari con la Russia, quelle che fanno più paura e più male al Cremlino. Che sulla questione dei due sottomarini cerca di minimizzare con il generale dell'aeronautica e attuale vice della Duma Leonid Ivlev che spiega come questa non sia una minaccia. Forse non diretta ma la mossa di Trump viaggia proprio in questo senso. «Un ex presidente della Russia che ora è a capo di uno dei consigli più importanti, Medvedev, ha detto cose molto brutte, parlando di nucleare. E quando si nomina la parola nucleare, i miei occhi si illuminano e dico: Meglio stare attenti, perché è la minaccia suprema. C'è stata una minaccia e non l'abbiamo ritenuta appropriata», ha detto Trump. «Non avrebbe dovuto, ha la lingua lunga». Si tratta della centesima volta in realtà che Medvedev evoca apocalissi nucleari, escalation e attacchi all'Occidente. Mai è stato preso sul serio da nessuno ma, evidentemente, anche alle sue provocazioni c'è un limite.
Eppure, almeno per il momento, Putin tira dritto nella sua guerra d'invasione dell'Ucraina. Continua a bombardare le città, non cambia le richieste e anzi annuncia che la
Russia ha avviato la produzione dei suoi nuovi missili ipersonici e si è detto pronto a schierarli a casa del vassallo-scendiletto bielorusso Lukashenko. Gli «Oreshnik», sono missili balistici a raggio intermedio che possono trasportare testate convenzionali o nucleari e hanno una gittata che consente di raggiungere buona parte dell'Europa. Secondo Putin, «entro la fine dell'anno», saranno pronti e schierati.
Resta da vedere cosa accadrà da qui alla fine dell'anno, soprattutto allo scadere dell'ultimatum di Trump. Tra missili schierati e sottomarini nucleari, sembra di essere tornati al periodo della guerra fredda e a quei giochi di guerra che rischiano di non essere soltanto giochi.