
Una premessa. Mi rifiuterò di usare la parola speranza. Scrivo subito che l'incontro in Alaska è stato di una tristezza unica. Si è ingannata la buona fede della brava gente, fornendo l'aspettativa che ci fosse stata una gradita deviazione dalla festa della Assunta: e a salire trionfanti in cielo come Madonne pellegrine sarebbe forse toccato a Trump e a Putin, tenendosi per mano come angioletti, araldi della pace universale. Si è così offerta alla credulità popolare una parata mitologica dove l'unica immagine sincera, che mi ha consolato un po', è stata quella di un orso nero che appena inquadrato da una telecamera si è tuffato libero e beato nel fiume. Via, almeno lui, dalla messinscena.
Provo a elencare gli esiti del summit in Alaska tra Trump e Putin, sulla base di quanto visto e udito dai telecronisti e commentatori, e letto sui siti internet più diffusi.
1. Assenza di risultati concreti: Non è stato raggiunto un cessate il fuoco né un accordo significativo sulla guerra in Ucraina. Putin ha mantenuto la sua posizione inflessibile, rifiutando compromessi sugli obiettivi di guerra.
2. Riabilitazione diplomatica di Putin: Il presidente russo ha ottenuto una legittimazione formale sul suolo americano, migliorando la sua immagine internazionale senza fare concessioni significative.
3. Diplomazia dell'adulazione: Trump ha elogiato Putin, ma non ha mostrato disappunto per la mancanza di progressi. Questo approccio ha sollevato critiche sulla sua efficacia.
4. Ruolo dell'Ucraina (...)
(...) e dell'Europa: Trump ha riconosciuto l'importanza dell'Ucraina e dell'Europa nel processo di pace, evitando di imporre concessioni territoriali unilaterali.
5. Possibile subappalto all'Europa: Trump potrebbe delegare la questione ucraina agli europei, sollevando dubbi sulla
sua capacità di imporre sanzioni severe in caso di fallimento dei negoziati.
6. Obiettivo personale di Trump: Il presidente americano sembra motivato dal desiderio di essere visto come un pacificatore e di vincere il Nobel per la Pace. Dunque c'è da aspettarsi qualche mossa a sorpresa, tipica del suo stile.
Insomma, il vertice ha evidenziato i limiti della diplomazia in questo momento storico e ha lasciato molte questioni irrisolte. Non c'è alcun Deus ex machina, e la Provvidenza se la prende comoda.
Qualche considerazione.
a) Constato lo sprizzare della gioia molesta in chi sperava nel nulla di fatto per accusarne Trump, inteso come leader della destra mondiale, e di riflesso colpire così Giorgia Meloni. La meschinità della sinistra mondiale e di quella nostrana è una costante della storia. Il massimo che venga da quelle parti ha due nomi: nel mondo Stalin, in Italia Massimo Giannini.
b) La pace nel mondo non è normale, sono normali le guerre. Esse finiscono solo quando conviene al più potente, e finché non è chiaro chi sia, si protraggono. L'unico modo per avere una pace giusta e pulita è quella che sarà descritta così dai tribunali, dai giornalisti e dagli storici, nonché dai cappellani dei vincitori, tutti ovviamente considerati imparziali.
c) La Russia oggi sta vincendo sul campo, occupa circa il 19 per cento dell'Ucraina, ma troppo poco in tre anni e mezzo di combattimenti e al prezzo di una spaventosa catasta di morti (un milione?), sul fronte nemico i numeri sono inferiori, forse mezzo milione su una popolazione di 40 milioni. La prospettiva è che le armi falcino mille cristiani ogni giorno, una catastrofe potrebbe anche esaurirsi prima con la disperata ripetizione dello scandalo di un'Hiroshima grande come il mondo, e senza nessuno che resti a glorificare qualcuno.
d) Per questo io confido tuttora non in una pace giusta, ma nella sola possibile, una pace sporca che è sempre meglio di
una guerra pulita e onesta. Non mi basta che non si bombardino più i civili, come urlavano i giornalisti a Putin: anche i soldati sono persone; ma che ci si fermi, rinunciando e concedendo, come persino Israele aveva provato a raggiungere a Gaza, rilasciando in cambio di pochi ostaggi più di duemila prigionieri palestinesi, non in carcere per opinione ma per aver tagliato gole. Si illude ora Netanyahu di ottenere una pace giusta, che azzeri Hamas e il suo Stato sedicente con l'annientamento della Striscia, e vivere così sicuri e prosperi. Ci sono aspetti di disumanità in questo lavoro che alla fine si pagano. Sottoterra, nei cunicoli, qualcuno se la caverà e riprenderà a tessere il male, radunando migliaia di disgraziati. Occorre accettare di convivere con paci scalcagnate, passando dagli scontri di missili eterni alla cura di tregue fragili tenute insieme da leader realisti, con guerre possibilmente fredde o almeno tiepide.
e) Io penso in fin dei conti che Trump abbia fatto un buon lavoro. Almeno sa fin dove vuole arrivare chi ha aggredito l'Ucraina, e quale bottino gli basti per fermarsi, e cosa possa restituire sul Mar Nero o altrove. E Putin a sua volta avrà ascoltato dalla viva voce non solo del Capo, ritenuto volubile, ma anche dal suo staff, l'ammissione che in questa storia l'America e la Nato non si sono comportati prima del 24 febbraio 2022 precisamente come Cappuccetto Rosso. E adesso la priorità di entrambi è fermare le stragi sul campo e le prospettive del loro contagio ovunque nel mondo.
Non dimentichiamo che la Russia guadagna terreno in Ucraina ma lo sta perdendo in Caucaso, in Siria. E non sappiamo quanto la Cina avrà gradito l'esibizione da Superpotenza di Mosca, dando l'ombra a Xi e a Pechino.f) Ah ecco, la Cina Dove la mettiamo?