
Se il programma nucleare iraniano è stato annichilito, come ha più volte dichiarato il presidente Usa Donald Trump, e il conflitto tra Israele e Iran si è concluso in meno di due settimane lo si deve in gran parte agli effetti distruttivi generati dalle bombe GBU-57 lanciate dai bombardieri invisibili americani contro i siti sotterranei del regime degli ayatollah. Un merito che si estende ad Anh Duong, la donna alla guida del team di scienziati militari statunitensi che ha sviluppato gli armamenti precursori delle temibili bunker buster. Una storia degna di un film raccontata pochi giorni fa dal New York Times.
Il lungo viaggio di Duong da un'infanzia di guerra a Saigon ad un laboratorio della Us Navy, scrive il quotidiano Usa, comincia a fine anni Sessanta davanti al cancello della sua casa vietnamita. Figlia di un funzionario di alto livello del governo anti-comunista, la piccola Duong, 7 anni, piange mentre vede partire per l'ennesima volta suo fratello. È un pilota di elicotteri, una nuova missione lo attende. Pur allontanandosi, lui forse riesce a sentire la sorellina che si dispera e pronuncia un desiderio: "vorrei avere una bacchetta magica per dargli l'arma migliore e più avanzata cosi che possa vincere e tornare a casa sano e salvo".
Più lo ripete e più il desiderio si fa promessa. "Se ci fosse un modo lo farei per i soldati americani che proteggono me e la mia famiglia. Darei loro il modo migliore per tornare dalle loro sorelle", pensa all'epoca Duong. Con quelle parole in testa, nel 1975, alla vigilia della caduta di Saigon, fugge con la famiglia e arriva da rifugiata negli Stati Uniti. "Siamo arrivati a mani vuote e poverissimi e abbiamo incontrato tanti americani generosi e gentili", ricorda la scienziata militare oggi sessantacinquenne. Si sistema nel Maryland. Eccelle negli studi e si laurea con lode in ingegneria chimica. Cerca e trova un impiego scientifico civile nella Marina degli States. Il sogno americano va avanti veloce. Duong sposa un altro rifugiato vietnamita conosciuto all'università. Arrivano i figli. Quando con loro vede in televisione la pubblicità della lotteria lei dice: "abbiamo già vinto perché siamo qui". Ancora oggi ritiene che il Paese in cui vive sia un "paradiso".
Nel 2001, mentre Al Qaeda attacca al cuore gli Stati Uniti e Washington studia la risposta contro i Talebani, Duong è impegnata a progettare esplosivi presso il Naval Surface Warfare Center. "Entreremo in Afghanistan rapidamente. Cosa possiamo fare il prima possibile?", le chiede un colonello. La scienziata, soprannominata "Bomb Lady", e un team composto da 100 elementi condensano cinque anni di lavoro in 67 giorni formulando un esplosivo particolarmente potente, della stessa famiglia a cui appartiene la GBU-57. Nasce così la BLU-118/B, una bomba a guida laser capace di penetrare in profondità i tunnel sotterranei in cui si nascondono i terroristi dell'organizzazione guidata da Bin Laden.
Nel 2002 la forza lavoro civile impiegata nel Naval Surface Warfare Center ottiene un'onorificenza dal segretario della Marina. L'arma che hanno costruito ha accorciato i tempi del conflitto in Afghanistan, peraltro il più lungo - si realizzerà solo in seguito - mai combattuto dalla superpotenza. Un piccolo episodio lo conferma. Nel 2013 Duong viene invitata ad una conferenza in Arizona. Alla fine dell'incontro le si avvicina un uomo che le dice di aver combattuto in Afghanistan e la ringrazia "perché hai salvato la mia vita e i miei compagni". "No, sono io che ti ringrazio, per aver rischiato la tua vita", risponde lei prontamente. Non fa in tempo a chiedere il nome del veterano che è già andato via. La riconoscenza espressa da un soldato, dichiara oggi la donna al New York Times, è la migliore ricompensa che potesse mai ricevere.
Duong, in pensione dal 2020, non vede contraddizioni tra la violenza che ha contraddistinto la sua infanzia e l'aver sviluppato esplosivi per tutta la vita. "Bombe high tech possono minimizzare i combattimenti sul campo e accorciare le guerre. Come scienziata militare e americana, il nostro primo dovere è fare in modo che i nostri soldati tornino a casa sani e salvi".
"Volevo fare tutto il possibile per aiutarli a vincere", aggiunge la "Bomb Lady". Un desiderio che Duong, dalla sua casa di Saigon passando per le caverne polverose dell'Afghanistan e i bunker nucleari dell'Iran, sembra proprio che sia riuscita a realizzare.