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Albanese danneggia l'Onu e l'Italia

Francesca Albanese non è (solo) una libera pensatrice di estrema sinistra, Francesca Albanese è (soprattutto) relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati

Albanese danneggia l'Onu e l'Italia
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No, non è un caso. Non è una boutade. Non è una gaffe e non è nemmeno una provocazione per épater le bourgeois. La frase sconsiderata pronunciata da Francesca Albanese sull'assalto alla redazione della Stampa, purtroppo, non è una voce dal sen fuggita. Non è incoerente, né sorprendente rispetto alle esternazioni che la relatrice delle Nazioni Unite ha recapitato alla pubblica opinione negli ultimi mesi. È orribilmente consequenziale a tutto ciò che ha fatto e detto: dallo sguaiato attacco a Liliana Segre alla reprimenda nei confronti del sindaco di Reggio Emilia, colpevole di aver osato citare gli ostaggi israeliani. Ripassiamo le parole che disse in quell'occasione, perché ci aiutano molto a capire e interpretare ciò che ha detto due giorni fa: «Io il sindaco non lo giudico, lo perdono, però mi deve promettere che questa cosa non la dice più» (il tutto mentre il primo cittadino le stava consegnando una cittadinanza onoraria). Un misto di saccenteria e megalomania: giudica come un'insegnante in cattedra dinnanzi a un'aula di scolaretti e perdona come è proprio di eminenze religiose e divinità dislocate nell'alto dei cieli. L'espandersi del conflitto in Medioriente è stato direttamente proporzionale a quello del suo ego. Infatti non risulta che abbia celebrato il piano di pace di Trump. Anzi. La stessa allergia al pubblico dibattito e alle altrui opinioni che ha dimostrato fuggendo a gambe levate, in diretta tv, dallo studio di In Onda, indispettita dal fatto che Francesco Giubilei avesse osato nominare la sopraccitata senatrice a vita, per la quale, con ogni evidenza, la dottoressa Albanese nutre una sorta di ossessione. Come dicevamo prima: da una sincera democratica come lei non c'è da stupirsi se pensa che devastare la redazione di un quotidiano sia un «monito ai giornalisti per tornare a fare il loro lavoro». Dalle parti di Hamas, probabilmente, la pensano allo stesso modo. Ma il problema è un altro: Francesca Albanese non è (solo) una libera pensatrice di estrema sinistra, Francesca Albanese è (soprattutto) relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati. È in virtù del suo ruolo che le accendono microfoni e telecamere per dire quello che le pare. Rappresenta l'Onu. E - al netto delle crepe dell'istituzione -, per quanto potrà andare in giro per il mondo a esprimere opinioni personalissime su cose che spesso hanno nulla a che fare con il suo compito? L'Onu può permettersi che una sua relatrice giustifichi delinquenti che intimidiscono i giornalisti e attaccano la libertà di stampa? Al Palazzo di Vetro sono a conoscenza del fatto che la Albanese fa politica attiva nel nostro Paese? Perché, per quanto sgangherate e spesso in difesa di posizioni discutibili, le Nazioni Unite sono pur sempre una delle organizzazioni più importanti del mondo e dovrebbero richiedere una certa terzietà. Non lo diciamo noi, lo dicono loro e lo diceva pure lei. Tra i requisiti richiesti dall'Onu per il suo ruolo ci sono «competenze riconosciute, alto profilo internazionale e indipendenza politica». Sospendiamo il giudizio sui primi due, ma sul terzo non abbiamo alcun dubbio, la Albanese è assolutamente partigiana, nella prima accezione del vocabolario Treccani: «Chi parteggia, chi si schiera da una determinata parte, chi aderisce a un partito, sostenendone le idee, seguendone le direttive, per lo più con spirito fazioso e settario». La stessa Albanese, nel suo profilo ufficiale in lingua inglese, prometteva di impegnarsi «durante il suo mandato a perseguire l'imparzialità e l'inclusività».

Oggi l'imparzialità suona come una provocazione e l'inclusività la abbiamo vista solo per i vandali che sfasciano i giornali.

Ed è proprio per questo che all'Onu dovrebbero capire quale danno di immagine e reputazione comporta avere una relatrice «tecnica» così tanto politica.

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