Ora Bruxelles farebbe meglio ad aprire gli occhi. Mentre i vertici dell’Unione Europea continuano a sonnecchiare una marea silenziosa sommerge il Vecchio Continente. I dati diffusi dell’Agenzia dell’Unione Europea per l’Asilo (Euaa) parlano chiaro. Nei primi sei mesi di quest’anno il numero dei migranti che hanno presentato richiesta di asilo nel blocco dei 27 e nei due paesi associati (Svizzera e Norvegia) è aumentato del 28%. Una percentuale allarmante corrispondente a oltre 517mila arrivi che fa temere il superamento, entro fine 2023, del record pari a oltre un milione e 350mila richieste registrato nel 2015. Ma queste cifre - pur parlando chiaro in termini di percentuale - non illustrano tutta la magnitudine del fenomeno. Le richieste di asilo conteggiano, infatti, soltanto i migranti intercettati alle frontiere e registrati dalle autorità dei vari paesi. Da questo dato restano esclusi i clandestini che non hanno presentato alcuna richiesta di asilo e si muovono come fantasmi tra i confini europei. In termini di risorse da allocare per garantire il fabbisogno di questa massa di arrivi va invece ricordato che il numero non tiene conto dei circa quattro milioni di rifugiati ucraini confluiti in Europa dopo lo scoppio del conflitto in Ucraina.
Per quanto riguarda le modalità degli afflussi basta il confronto con il 2015 per capire la mutata eccezionalità del fenomeno. Quell’anno l’incremento senza precedenti delle richieste di asilo fu la conseguenza della deliberata mossa della Turchia di Erdogan che per ricattare l’Europa aprì le frontiere e riversò in Grecia e Bulgaria un milione tra afghani e siriani ospitati nei propri campi profughi. Oggi - nonostante il confine turco resti estremamente poroso e la cosiddetta rotta balcanica continui ad essere affollata - i flussi più intensi si registrano lungo quell’asse del Mediterraneo centrale che parte da Libia e Tunisia e confluisce su Lampedusa e dintorni. Per capirlo bastano i dati della Farnesina che registrano oltre 115mila sbarchi sulle nostre coste. Un dato da cui sono esclusi gli oltre cinquemila arrivi via terra registrati al confine con la Slovenia. Con quell’aggiunta il totale supera di quasi il doppio i circa 61mila arrivi del 2022.
Quest’eccezionale incremento dei flussi sulla rotta del Mediterraneo Centrale sta portando Italia, e in Europa, un numero senza precedenti di africani provenienti, da Guinea, Costa d’Avorio, Mali, Burkina Faso e Camerun. Sulla rotta balcanica continuano a muoversi, invece, soprattutto afghani in fuga dal regime talebano e siriani costretti ad abbandonare un paese messo in ginocchio, nonostante la sostanziale cessazione del conflitto, dalle sanzioni di Stati Uniti e Unione Europea. Tutto questo lascia indifferente Bruxelles che continua a rispondere con la consueta apatia sia ai richiami dell’Italia, sia agli allarmi lanciati dai propri organismi istituzionali. Proprio ieri Frontex, l’agenzia preposta al controllo delle frontiere Ue, ha reso pubblico un rapporto in cui - oltre a registrare il moltiplicarsi dei flussi migratori - ne illustra le ragioni.
I negativi «sviluppi sul terreno» registrati nei paesi d’origine e transito a causa di «fattori macro-economici globali» come persistente inflazione e generalizzata recessione - spiega Frontex - «impattano
negativamente» sulle condizioni socio economiche della popolazione mondiale incrementando i flussi migratori verso il Vecchio Continente. Un tetro e plumbeo panorama che Bruxelles continua a non voler né vedere, né affrontare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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