Lezione a chi si oppone al riarmo dell'Italia

Il mondo è cambiato e noi facciamo finta di niente. Eppure questi conflitti sono ai nostri confini

Lezione a chi si oppone al riarmo dell'Italia
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Il dato che colpisce di una certa classe politica è l'incapacità di leggere la realtà. Il mondo sta cambiando velocemente, nel peggiore dei modi. Ora abbiamo tre guerre: l'Ucraina a Est, Gaza a Sud e un'altra che vede impegnati due eserciti veri e non organizzazioni terroristiche, che è scoppiata a sud-est e contrappone due potenze militari talmente non rassicuranti come Israele e Iran da far dimenticare gli altri conflitti. Di fronte a queste iniziative unilaterali, che saltano piè pari le organizzazioni di difesa e di diplomazia internazionali, da noi si va avanti con i modi e i tempi di ieri: struzzi che mettono la testa sotto la sabbia per non vedere o esorcizzare la tempesta che incombe.

Il mondo è cambiato e noi facciamo finta di niente. Eppure questi conflitti sono ai nostri confini. E, invece, l'«ovvio» continua ad essere tema di polemica elettorale, di scontro politico, di dibattito strumentale. Per «ovvio» intendo la necessità che l'Europa e, l'Italia in primis, si doti di strumenti di difesa militare adeguati per difendere i propri interessi, e a quanto pare, la nostra stessa civiltà.

Le ultime crisi dimostrano che l'Europa e l'Italia non contano un tubo nel mondo. Scoppiano guerre a nostra insaputa e al di là degli appelli, delle

telefonate, degli interventi diplomatici di rito, non contiamo nulla, perché in un pianeta in cui le dispute si risolvono con droni e missili balistici o minacciando guerre nucleari, non possediamo gli arsenali militari che ci permettano di avere parte in commedia. È sicuramente una realtà che non ci piace, che scandalizza le anime belle e fa a botte con il buonsenso, ma purtroppo è il nostro tragico presente, ci piaccia o meno, e se anche non ce ne occupassimo c'è il rischio che prima o poi sarà lui, nella sua follia, ad occuparsi di noi. Per cui delle due l'una: o ci attrezziamo per far fronte alle nuove regole, che sicuramente non sono le nostre, che ci ripugnano ma con cui abbiamo a che fare; o ci releghiamo al ruolo di Cenerentola, trasformando l'Europa in un continente neutrale in balia degli umori degli altri. Consapevoli che i dogmi di un tempo che ci hanno garantito la pace sono saltati e le risoluzioni dell'Onu sono ormai solo carta straccia. Un'amara verità che altri Paesi in Europa hanno capito. Parlo della Germania, della Francia, dell'Inghilterra, della Polonia accettando l'idea che il riarmo non è un tabù ma una drammatica necessità. Nazioni guidate da governi di diverso orientamento: di sinistra, di centro e di destra.

Ecco quello che fino a ieri meravigliava e oggi sconvolge, è l'assenza della stessa consapevolezza almeno in una parte della

nostra classe politica. A sinistra c'è chi continua nel solito balletto: dice «sì» al riarmo ma lo condiziona alla nascita dell'esercito europeo, non capendo che i tempi stringono e i due obiettivi non si elidono per cui bisogna mettere in piedi eserciti nazionali adeguati e contemporaneamente arrivare ad un efficace sistema di difesa comune dell'Unione; i peggiori sono, però, quelli che in preda al solito populismo becero dicono - per fini elettorali - che le spese della difesa sono sottratte a quelle sociali, dimenticando che al mondo d'oggi sono diventate una priorità. Un populismo perverso di cui non è immune neppure una parte della maggioranza di governo. Il paradosso è che sono gli stessi che lamentano l'assenza di un'iniziativa diplomatica per la pace, nascondendosi la realtà, appunto come gli struzzi, che in un mondo impazzito la capacità di persuasione è direttamente proporzionale alla capacità militare.

Un presente che non ci piace ma che è già arrivato. E i più avvertiti lo hanno capito: tre settimane fa il cancelliere Merz paventava «mancano 5 minuti a mezzanotte»; l'altro ieri il premier israeliano Netanyahu ha detto «siamo a mezzanotte».

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