
In questa nuova fase della guerra in Medioriente, con il nuovo fronte che si è aperto tra Israele e Iran, le posizioni degli opinionisti da salotto italiani non sono cambiate e nonostante parte degli stessi iraniani abbiano accolto con soddisfazione l'intervento dello Stato ebraico, la sinistra non cessa di attaccare Israele. "Vedo che su qualche giornale veniamo associati al regime degli Ayatollah perché osiamo criticare le azioni criminali di Netanyahu: è un gioco di parole peloso ed è qualcosa di infame", ha dichiarato Nicola Fratoianni dai microfoni de La7 intervistato a Tagadà. "Stiamo assistendo all’equivalente accusa che ci hanno scagliato addosso in tutti questi anni dopo l’invasione russa dell’Ucraina quando ci hanno detto che eravamo filo putiniani", ha proseguito.
Anzi, ha aggiunto, "lo hanno detto proprio a noi che con Putin non abbiamo mai avuto niente che spartire, perché Putin è un uomo della destra internazionale, ed è piuttosto l’amico di quelli che stanno a palazzo Chigi". Nell'intervista, Fratoianni pone la questione dal punto di vista degli schieramenti politici, quando a livello di scacchiere internazionale, quella divisione è superata. "Hanno continuato in modo ancora più infamante, accusandoci di essere antisemiti a noi che veniamo da una storia e da una cultura politica che l'antisemitismo come ogni forma odiosa di razzismo l'ha combattuta senza risparmiare nessun colpo. Anche qui bastava piuttosto che fossero andati a guardare in alcune delle loro organizzazioni giovanili per trovare oggi l'antisemitismo", ha detto ancora, e questa è forse l'accusa più grave di tutte, perchè coinvolge i movimenti giovanili. Basterebbe dare un occhio ai movimenti di estrema sinistra giovanili e ascoltarne i discorsi o gli slogan. Oppure guardare nelle sacche islamiche che stanno proliferando nelle città italiane ed europee.
Dalla stessa manifestazione, Fratoianni ha annunciato che domani Avs, e anche lui in prima persona, sarà in piazza per dire "no al riarmo europeo, alla follia della corsa di al che oggi raggiunge picchi insopportabili e incredibili come quelli che la Nato richiede ai singoli Paesi intimandogli l'obiettivo del 5% di spesa militare sul Pil".
Ma anche per "il genocidio in corso a Gaza" e per "la guerra in corso e la necessità di fermarla al più presto. Io penso che sia una piattaforma giusta, la condivido e sarò in piazza".