
Ho visto uno stralcio sui tg dell'intervento di Giorgia Meloni all'ottantesima assemblea generale dell'Onu. Mi ha incuriosito, in quel minuto scarso di video, la sua maniera di essere padrona della situazione, sorvolando i guai del mondo e l'aula (attenta e strapiena) con un volo di parole senza paracadute: la telecamera ha mostrato che aveva un quadernetto sul leggio, con tre righe di appunti. È stato mercoledì scorso, lo so, ma non è che mi sono svegliato tardi. È che il provincialismo ombelicale dell'informazione italiana obbedisce da sempre al suo Goebbels interiore, il quale stavolta ha imposto di martellare nella testa degli italiani, da mane a sera, l'idea che le sorti della pace del mondo e dei bambini di Gaza fossero appese alle gigionesche imprese degli scalcagnati amichetti della sinistra. Da una settimana perciò le avventate disgrazie degli avventurieri provenienti da 44 Paesi monopolizzano gli organi di informazione, sì, ma solo quelli italiani, e in specie la tivù. Nei rispettivi Stati hanno avuto un trattamento quali «malcapitati» (la splendida definizione è di Stefano Folli su La Repubblica), ma malcapitati sono gli italiani.
Sono andato così a riprendermi il testo, e mi si è rimescolato il mio sangue che pur ne ha viste tante: il resumé proposto da qualsivoglia media è stato trasformato in un'insalata russa dove al posto della maionese prevaleva il ketchup, che spegneva un discorso strepitoso, quasi fosse un'appendice moderata alla piazzata proposta da Trump nel medesimo consesso. È vero che hanno battuto sugli stessi temi. Ma Trump voleva spaventare i nemici orientali e urticare i (poco) amici europei, avendo soprattutto di mira d'entusiasmare il popolo americano. Ha fatto con le parole e il volto truce quel che Nikita Chrucëv fece con la sua scarpa il 12 ottobre del 1960. Il successore di Stalin sbatté quattro volte la scarpa sul banco come un Pierino, urlando che «seppellirà di m... l'America»: la traduzione ufficiale, puritanesimo d'altri tempi, sostituì lo sterco con la terra («sotto terra»), risultando meno volgare ma più minacciosa (in fondo alla cacca si sopravvive, è una vita che ci nuotiamo turandoci montanellianamente il
naso). Fu l'antecedente della crisi di Cuba. Trump ha sbattuto nel microfono le sue formule magiche per sistemare il mondo sotto il suo manto, se non altro invocando una pace che però ormai pare una chimera: fa incazzare tutti. Farei la firma se finisse come a Cuba nell'ottobre del '62.
Meloni in quel discorso, che all'estero ha lasciato il segno, e in Italia è stato coperto dallo starnazzare delle due comari Schlein e Conte, propone la strada di un percorso sensato per arrivare non a un mondo perfetto e pacificato, ma con meno sangue e meno lacrime da asciugare sul pavimento della storia. Mi pregio perciò di mettere questa perla per voi lettori sotto la luce della domenica mattutina. Ne estraggo il succo su tre passaggi dirimenti. Gaza, immigrazioni, economia green.
Gaza e Israele «Hamas ha approfittato dell'indebolirsi di questa architettura per sferrare il 7 ottobre del 2023 il suo attacco contro Israele». La ferocia di quell'attacco, «la caccia ai civili inermi», ha spinto Israele a reagire: «ogni Stato e ogni popolo ha il diritto di difendersi». Ma «la reazione a un'aggressione deve sempre rispettare il principio di proporzionalità». Israele «ha superato quel limite, con una guerra su larga scala» che «sta coinvolgendo oltre misura la popolazione civile palestinese». Per questo «l'Italia ha più volte definito inaccettabile» la scelta di Tel Aviv e voterà a favore «di alcune sanzioni proposte dalla Commissione Europea».
Eppure «non ci accodiamo a chi scarica su Israele tutta la responsabilità di quello che accade a Gaza». «È Hamas ad aver scatenato la guerra», ed è Hamas «che potrebbe far cessare le sofferenze dei palestinesi liberando subito tutti gli ostaggi». La pace «non si costruisce solo con appelli o proclami ideologici», ma «con pazienza, coraggio, ragionevolezza».
L'Italia intende esserci: «siamo impegnati su un piano serio per il rilascio degli ostaggi, un cessate il fuoco permanente, l'esclusione di Hamas da ogni dinamica di governo, il graduale ritiro di Israele da Gaza». Per questo Roma guarda
«con interesse alle proposte del Presidente degli Stati Uniti», e ribadisce: «Israele non ha il diritto di impedire che domani nasca uno Stato palestinese».
Migranti Serve «costruire un sistema al passo con i tempi, capace di tutelare i diritti umani fondamentali» insieme alla «sacrosanta prerogativa di ogni Nazione di proteggere i propri cittadini e i propri confini». La comunità internazionale deve unirsi «nel contrastare il traffico di esseri umani». Le Nazioni Unite e l'Unione Europea «non possono voltarsi dall'altra parte» né «finire per tutelare i criminali nel nome di presunti diritti civili».
E se i diritti vanno difesi, «non se ne possono considerare alcuni meno meritevoli di altri». «Decine di milioni di persone in larga parte cristiane sono perseguitate e massacrate in nome della loro fede».
Green «Le cose potranno andare molto peggio, se non fermeremo i modelli di produzione insostenibili, come i piani verdi che stanno portando alla deindustrializzazione molto prima che alla decarbonizzazione». Una «riconversione basata su teorie che non tengono conto dei bisogni delle persone» sta colpendo «i ceti sociali più deboli» e «fa scivolare la classe media verso il basso».
«L'ecologismo insostenibile ha quasi distrutto il settore dell'automobile in Europa» senza migliorare davvero «la salute del pianeta». Non si tratta di negare il cambiamento climatico, ma di «affermare la ragione»: «neutralità tecnologica, gradualismo delle riforme, rispetto dell'ambiente mantenendo l'uomo al centro».
Perché «ci sono voluti secoli per costruire i nostri sistemi, ma bastano pochi decenni per ritrovarsi nel deserto industriale. Solo che nel deserto non c'è nulla di verde».Permettetemi un finale che Fantozzi avrebbe definito servile, ma è il più imparziale che mi viene: meno male che Meloni c'è.