Giorgia Meloni lo aveva capito al volo: i recenti attacchi francesi all'Italia erano legati a questioni transalpine di politica interna. Al bilanciamento di pericolanti equilibri stranieri e al tentativo di ristabilirli buttando la palla sugli spalti. Ovvero, contro di noi. "Devo presumere siano discussioni legate alla politica interna. È l'unica spiegazione sensata a quello che sta accadendo", aveva affermato il nostro premier dopo l'ennesima stilettata d'oltralpe alla linea del governo italiano sulle politiche migratorie. "Non credo sia molto proficuo utilizzare le relazioni internazionali per risolvere i propri problemi di politica interna", aveva anche aggiunto. Ora, alla luce dei disordini e delle scene di guerriglia in Francia, possiamo in retrospettiva rileggere quelle tensioni. E osservare come Giorgia Meloni avesse ragione.
Prima la crisi diplomatica provocata dal ministro degli interni francesce Gerald Darmanin, poi l'affronto al nostro Paese di Stéphane Séjourné, portavoce del partito di Emmanuel Macron. Nel giro di pochi giorni, l'Italia era diventata lo sfogatoio delle più assurde rimostranze francesi a sfondo politico. A casa nostra, quegli attacchi avevano suscitato comprensibili tensioni ma l'atteggiamento più saggio era stato proprio quello tenuto da Giorgia Meloni. Sebbene fosse stata chiamata esplicitamente in causa, la leader di Fratelli d'Italia non s'era fatta trascinare nel vicolo cieco delle polemiche. "Ognuno fa le scelte che vuole fare, io continuo a fare serenamente il mio lavoro. A me interessa quello che dicono gli italiani...", si era limitata a commentare, schivando così il trappolone della gauche d'oltralpe.
Ora che in Francia è scoppiato il caos e che la "grandeur" multiculturale è andata in fiamme si comprende come davvero certe ramanzine all'Italia fossero un modo per allentare le tensioni interne. Un tentativo (mal riuscito) di deviare l'attenzione dal clima sempre più teso che stava covando a Parigi e nel resto del Paese transalpino. Peraltro, non è un caso che gli attacchi più inconsulti rivolti al nostro governo fossero proprio sulla gestione dei migranti. L'approccio dell'Eliseo al tema, unito alle profonde fratture sociali d'oltralpe, erano una polveriera pronta a esplodere ancora una volta. La morte di Nahel, il 17enne di origine algerina-marocchina, ucciso da un poliziotto lo scorso 27 giugno, è stata appunto la scintilla che ha fatto degenerare la situazione.
Le circostanze, per quanto complesse, consentono di trarre un'ulteriore conclusione, che è in realtà un promemoria per quanti hanno il vizio di accogliere certe critiche straniere all'Italia come oro colato. Come accaduto con la Francia, spesso quelle invettive raccontano molto di chi le pronuncia e nascondono motivazioni politiche anti-italiane. In questo senso, l'atteggiamento distaccato del premier Meloni rispetto a certe insolenze straniere è un modo per tutelare il nostro Paese e i suoi interessi. Per contro, sbagliano invece quanti in Italia utilizzano quei momenti di tensione come strumento per indebolire i nostri assetti istituzionali o come grimaldello anti-governativo.
Per dovere di cronaca, va riconosciuto al Pd di aver stigmatizzato le recenti e aggressive ingerenze francesi. E meno male.
Al contempo, però, da sinistra avevano descritto il governo Meloni come sempre più isolato in Europa e come la causa di quei nervosismi internazionali. L'attualità e le sue notizie hanno già smentito ampiamente quella narrazione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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