Qatargate

Il centro di studi, i regali e le valigie coi soldi: così agivano gli 007 marocchini

Rabat avrebbe messo in campo, secondo gli inquirenti belgi, anche alcuni membri dei servizi di intelligence per arrivare direttamente ai deputati fermati nei giorni scorsi

Il centro di studi, i regali e le valigie coi soldi: così agivano gli 007 marocchini

Nomi e sigle dietro lo scandalo Qatargate stanno pian piano uscendo fuori. Nei giorni scorsi gli inquirenti belgi, autori dell'indagine che ha portato in galera l'ex eurodeputato Antonio Panzeri e l'oramai ex vice presidente dell'europarlamento Eva Kaili, hanno reso noti i tentativi di corruzione da parte di Qatar e Marocco.

Oggi il quadro appare ancora più chiaro. In particolare, ad emergere nelle scorse ore sono stati diversi dettagli sulla pista marocchina dell'indagine. Le operazioni di corruzione sarebbero infatti state organizzate direttamente dai servizi segreti esterni di Rabat, tramite la mediazione dell'ambasciatore marocchino in Polonia, Abderrahim Atmoun.

Il centro di studi a Bruxelles e il presunto ruolo dell'ambasciatore

A mettere gli inquirenti sulla pista marocchina sono state alcune segnalazioni da parte dell'intelligence degli Emirati Arabi Uniti. Informazioni girate a Bruxelles e su cui gli investigatori belgi hanno voluto approfondire.

È già nella prima fase, come sottolineato dal Corriere della Sera, che gli inquirenti hanno alimentato sospetti su un centro di studi del Marocco nella capitale belga. Dietro questo centro, si sarebbe nascosta una vera e propria centrale del Dged, ossia il servizio segreto esterno marocchino.

L'istituto in questione aveva numerosi collegamenti con l'ambasciatore Abderrahim Atmoun. Il suo nome è stato più volte riscontrato da chi ha condotto le indagini, partite lo scorso anno. E, in particolare, è emerso durante una conversazione telefonica tra Antonio Panzeri e la moglie. Di Atmoun infatti si parla in riferimento ad alcuni regali ricevuti e da spostare quanto prima in Marocco.

Sarebbe questo uno dei segnali dell'intreccio tra servizi marocchini, Atmoun e il gruppo di eurodeputati rintracciati da Rabat. Le Soir, quotidiano belga francofono, ha riportato nelle scorse ore la convinzione degli inquirenti del ruolo strategico dell'ambasciatore. Sarebbe stato lui a fare da tramite tra il Dged e i politici contattati.

I nomi degli agenti segreti marocchini emersi nell'indagine

L'obiettivo del Marocco era quello di orientare la linea politica dell'europarlamento verso i propri interessi, costi quel che costi. Interessi relativi agli accordi commerciali con l'Ue e alla questione del Sahara Occidentale, regione rivendicata da Rabat.

Per questo, si legge ancora su Le Soir, il Dged avrebbe messo a disposizione dei deputati coinvolti soldi in contati, trasferiti tramite buste e borsoni con l'intermediazione di Atmoun. Questo spiegherebbe anche gli oltre 600mila Euro ritrovati a casa di Panzeri, anche se molte banconote sarebbero risultate emesse in Belgio e non all'estero. La sfida per gli inquirenti sarà dimostrare la provenienza di quel denaro.

Ma tornando al ruolo dei servizi marocchini, sempre sulla stampa belga sono emersi alcuni nomi di agenti del Dged coinvolti nell'inchiesta. Il primo sarebbe quello di Belharace Mohammed, secondo gli investigatori colui che ha agganciato i parlamentari da corrompere.

L'altro invece sarebbe quello del direttore generale del Dged, Mansour Yassine. Più volte, per gli inquirenti, incontrato da Panzeri, da Francesco Giorgi, compagno di Eva Kalili, e, come scritto su Linkiesta, dall'europarlamentare Andrea Cozzolino.

Quest'ultimo non è indagato ma si è autosospeso dal Pd.

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